Lasorte Cuadra, la cantina della Valle D’Itria dai piccoli numeri per un progetto sentimentale

Il vino ha il potere di attrare le persone e in certi casi di farle innamorare, così come è successo a Roberto Lasorte e Stephanie Cuadra, che da colleghi impegnati a lavoro nella stessa cantina toscana, la famosa realtà di Querciabella, si sono ritrovati ad essere una coppia nella vita, condividendo un loro personale progetto che vede il vino e la Puglia come protagonisti. Il destino gli ha portati a Martina Franca, luogo d’origine del papà di Roberto, per non spezzare quel legame che unisce loro a questa terra, che è stata davvero una cura per gli anni più duri della malattia di Augusto, il padre di Roberto. Comprare la terra del papà per realizzare un solo vino che all’interno racchiudesse esclusivamente le uve del territorio per poterne esaltare gusto e autenticità è il progetto che Roberto e Staphanie stanno portando avanti. Stephanie e Roberto sono due persone carismatiche che messe insieme fanno letteralmente scintille per l’intraprendenza, la lungimiranza e la volontà con cui hanno deciso di fiondarsi in questa nuova avventura umana e professionale.

Roberto, come nasce questa avventura nel mondo del vino?

Mio padre era di Martina Franca e nel ‘46 si trasferì a Roma, ma ha sempre mantenuto il legame con le sue origini realizzando il sogno di possedere un piccolo trullo con un pezzo di terra da coltivare. Le mie estati le ricordo tutte lì in Puglia e per mio padre è stato il luogo dove rifugiarsi appena raggiunta la pensione, infatti, dal 1992 ci si trasferì. Mio padre regalò a mia mamma Maria una vigna mista poco più di mille metri quadrati con vigneti vecchi anche di cinquant’anni. Cambiare stile di vita e spostarsi da Roma a Martina Franca fu per papà una scelta ottimale perché grazie a questo cambiamento guarì da un cancro che gli avrebbe lasciato pochi mesi. Aria nuova unita a un’alimentazione sana gli hanno permesso di rinascere tanto che il suo caso è stato oggetto di studio e di analisi. Nel 2019 mio padre Augusto è venuto a mancare e mia madre ancora oggi nonostante i suoi anni, che devo dire non dimostra assolutamente si mantiene attiva ed è pronta per partire per il suo prossimo viaggio in Israele. Mia Mamma Maria è una donna straordinaria la vigna porta il suo nome perché possiamo dire che tutto ha avuto inizio con e da lei.

Da tua mamma alla realtà Lasorte Cuadra come ci si arriva?

Mia madre grazie ai suoi ricordi d’infanzia produceva un vino naturale nato da una fermentazione spontanea senza aggiunta di solforosa, un vino pulito non filtrato. L’ultima annata realizzata da Augusto e Maria risale al 2018 una versione che io definisco garagista. Mio padre decise di mettere in vendita la sua terra, compresi in quella scelta tutto il suo dolore, così mi convinsi a comprarla, poi arrivò il Covid e io e Stephanie ci spostammo da Milano a Martina Franca. Lasorte Cuadra non è un progetto di business ma un recupero sentimentale che arricchisce le nostre anime, non avendo una cantina cercavamo ospitalità e l’abbiamo trovata nella cantina cooperativa della Valle D’Itria, credo che questo fosse lo sbocco più naturale per noi, quello di una realtà cooperativa. Angelo Soleti, direttore di “Upal”, cantina e oleificio in Valle D’Itria sin dal nostro primo incontro ci riservò sempre lo stesso silos, ecco da dove prende il nome il nostro vino proprio da quel silos sempre pronto lì ad accogliere le nostre uve.

Silos è il vostro unico vino, che definite un vino gastronomico e territoriale, cosa intendete?

I ricordi che ho sulla Verdeca risalgono al vino che il nostro fattore intorno agli anni settanta custodiva nel suo orcio un puro esempio d’identità territoriale. Questi vitigni sono difficili da comprendere a un pubblico esterno e spesso ci consigliavano di aggiungere lo Chardonnay per l’assemblaggio. Ci siamo rifiutati di accettare questo suggerimento ripetuto tante volte perché se un vino così già esiste noi, invece, volevamo fare altro. All’inizio abbiamo pensato di mantenere aderenza al territorio e volevamo vedere dove potevamo arrivare usando solo le nostre vigne, per ora siamo solo a due annate e siamo molto soddisfatti, se non avesse funzionato ce lo saremmo bevuti solo noi. Il nostro vino lo definiamo anche gastronomico perché si trasforma quando si abbina a cibi semplici, vegetali e dal gusto piccante, non è un vino della costa.

Stephanie sei di origine messicana, cosa ti ha affascinato della Puglia?

Sono nata negli Stati Uniti da genitori messicani, le nostre estati le passavo in Messico, ma sono cresciuta in un sistema nordamericano. Chi ha origini latine credo che si senta in sintonia con il Sud Italia e la mia anima latina è più a suo agio quando sono in Puglia. La spontaneità della gente, l’ospitalità e la convivialità a tavola sono le caratteristiche che trovo affini alla mia parte latina. Sono mamma di cinque figli, quattro nati dal mio precedente matrimonio, l’ultimo, il piccolo di casa è il figlio mio e di Roberto e ritrovarsi la sera a cena è uno dei nostri punti di riferimento. Il vino è il veicolo che unisce e in un primo momento ha unito anche noi perché grazie a lui che ci siamo conosciuti, quando anch’io lavorava da Querciabella. Dal lunedì al venerdì siamo a Greve in Chianti dove Roberto è impegnato come amministratore delagato della cantina toscana e quasi tutti i weekend siamo pronti a partire in direzione Puglia.

Quali sono i vostri numeri produttivi?

Siamo a sette mila e cinquecento bottiglie per le nostre prime due annate la 2020 e la 2021, per la ‘22 destiniamo 500 bottiglie in Piemonte per la realizzazione del nostro Vermouth. Metà della produzione è volata in Utah dove ho un’azienda che importa vini di piccolissime realtà artigianali sia italiane che spagnole, sono la voce di queste cantine e spesso instauro un rapporto di complicità e intimità con loro.

Fra dieci anni dove vi vedete?

Ce lo chiediamo spesso. Io e i miei ragazzi fino a poco tempo fa vivevamo a Milano, ora siamo in Toscana e ogni weekend decidiamo se salire o scendere verso la Puglia. Fra dieci anni si vedrà dove saremo ma penso che passeremo sempre più tempo giù. Il nostro progetto sarà completo solo quando riusciremo a costruire la nostra piccola cantina e una sala destinata alle degustazioni, una struttura che sia integrata alla realtà circostante.

Se entrambi chiudete gli occhi e vi trovate in Puglia qual è l’immagine che vi appare?

L’odore della terra bagnata dopo un acquazzone d’estate e il profumo delle erbe aromatiche. Io invece penso al profumo dell’aria che ho iniziato ad apprezzare proprio durante il periodo del Covid. Il nostro vino non è biologico ma trovandoci fra i due mari abbiamo una brezza continua che ci porta un senso di benessere costante.

Foto Credits: Luigi Fiano

 

 

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