La prima ricetta che sto per dare è quella che un pescatore di Torre Canne spiegò a mia madre tantissimi anni fa, alla quale tengo tantissimo.
Le ricette, infatti, si devono condividere, è sbagliato esserne gelosi e, soprattutto quando sono così buone come questa, tutti devono poterle riprodurre.
Non ho mai saputo come quel pescatore chiamava questo piatto, motivo per cui, sin da allora, io la chiamo “Polpo di Nonna Lia”.
Da un po’ di tempo a questa parte sta prendendo piede la cottura del polpo a bassa temperatura, sistema che a me, usato con il nostro simpatico mollusco, non piace, perché lo rende troppo tenero, mentre io, da barese verace, amo sentirlo calloso, persino croccante.
Per renderlo tale, infatti, noi baresi usiamo la tecnica dell’arricciatura, che consiste nel far diventare ricci i suoi tentacoli muovendolo su e giù in un canestro, sistema che irrigidisce i tessuti e lo predispone soprattutto al consumo a crudo, di cui siamo ghiotti.
Preparare il Polpo di Nonna Lia è facilissimo e vi assicuro che sarà un piatto apprezzato da tutti e tutti vi chiederanno la ricetta.
Per farlo munitevi, possibilmente, di una casseruola di terracotta, di quelle che possono andare sul fuoco, tipo quelle che in Molise vengono utilizzate per il brodetto.
Ma, se non l’avete, va bene una casseruola qualsiasi, purché sia larga e con i bordi non troppo alti.
Poi, per 6 persone, serve:
1 Kg. di polpo verace
4 o 5 belle cipolle bianche
1 carota
2 spicchi d’aglio
un bicchiere di vino rosso
200 gr. di pomodorini
peperoncino fresco o in polvere
prezzemolo
origano (facoltativo)
Nulla di più semplice. Mettete in padella un bel giro di olio extravergine, l’aglio tritato e il polpo fatto a pezzetti, e alzate la fiamma.
Sfumate con il bicchiere di vino rosso e aggiungete le cipolle a fette, la carota e i pomodorini a pezzetti.
Abbassate la fiamma e fate andare per una quarantina di minuti, finché il polpo sarà cotto e tutti gli altri ingredienti ben amalgamati, creando un bel condimento non troppo liquido ma ben cremoso.
Assaggiate, perché potrebbe essere necessario regolare di sale ma dipende molto dal polpo che, in questo intingolo avrà rilasciato la sua acqua.
Aggiungete l’origano, il peperoncino a piacere e date una bella rimescolata, è un piatto che deve essere piccante.
A fuoco spento aggiungete in superficie del prezzemolo tritato e servite in tavola direttamente con la sua casseruola e tanti crostini di pane, che raccoglieranno il meraviglioso sughetto di cipolle.
Per accompagnare questa prelibatezza, consiglio un buon rosato o azzarderei persino un rosso giovane tenuto qualche grado più fresco.
L’altra ricetta si chiama in dialetto “Pulpe arraggète”, è ancora più semplice e nasce dall’appetito dei pescatori, sempre di Torre Canne, che, tornando di sera dal mare, avevano necessità di mangiare qualcosa di rapido, sostanzioso e gustoso.
Così, tante volte, direttamente vicino alle loro barche, accendevano un fornelletto a gas e mettevano su una vecchia padella con abbondante olio.
Lo facevano diventare bollente, quasi fumante, e versavano il polpo in tanti pezzi. Quel polpo, che non era stato né sbattuto né arricciato perché era appena uscito dal mare, al contatto con l’olio bollente si “arraggiava” (arrabbiava, diventava rosso), e si irrigidiva arrotolando i suoi tentacoli.
In quel momento versavano tantissima cipolla bianca fino a coprirlo e continuavano la cottura finché quella cipolla si ammorbidiva creando un saporito e cremoso condimento.
È una ricetta antica che mi è stata raccontata da alcuni amici, l’ex pescatore Franchino Argento e Marco Cofano, uno dei tanti fratelli che fanno parte di una storica famiglia di pescatori.
Trovo che questa ricetta, oltre ad essere facilissima e buonissima, sia l’emblema di una cucina nella quale solo due ingredienti ma di grande qualità, il polpo e la cipolla, vengono sposati fra loro in un fantastico connubio di sapori, la cui riuscita dipende solo dalle temperature e dai tempi di cottura.
Il “Polpo di Nonna Lia” e “U pulpe arraggète” sono due ricette apparentemente simili, ma – vi assicuro – diverse fra loro e assolutamente da provare.
Foto credits: Sandro Romano