Goodo, il ristorante a Locorotondo dei fratelli Patronelli

Il singolare gioco di parole contenuto nel nome può destare una legittima curiosità: tra l’aggettivo inglese good, e l’allungamento della prima persona singolare dell’indicativo presente del verbo godere, goodo. Eppure la divertente ambiguità lessicale non è l’unico motivo di curiosità. Questo ristorante di Locorotondo si chiama infatti “Goodo”, e l’insolita struttura che lo ospita in origine apparteneva alla cabina elettrica cittadina. Così forse si spiega la presenza sulle pareti di una suggestiva rete di guarnizioni in rame, che riportano al passato e ben si coniugano con i tavoli di lavorazione artigianale e con le comode poltroncine. E poi ci sono gli intraprendenti padroni di casa, i fratelli Luciano e Salvatore Patronelli, sempre pronti a concepire progetti innovativi nel settore, e ad affrontare le sfide con coraggio imprenditoriale. O meglio, sempre pronti ad adottare le soluzioni più rivoluzionarie nel settore della ristorazione, che a Locorotondo è prevalentemente orientato in direzione della tradizione.

Non a caso provengono da una precedente esperienza professionale, che li ha visti alla guida di un’attività polifunzionale, tra il bistrot, l’american bar e la paninoteca, dove proponevano ostriche, panini gourmet e formaggi di qualità, e con la quale hanno contribuito a rendere vivaci le notti del loro magnifico borgo. Il tutto fino all’apertura dell’attuale realtà, inaugurata a ridosso dello scoppio della pandemia e rifiorita subito dopo, con il preciso intento di puntare su una cucina di raffinata modernità, sebbene in parte ancorata ai prodotti del territorio. E per questa ulteriore sfida si sono avvalsi della collaborazione (ai fornelli e nella gestione) di Nicola Palmisano, un giovane e valente chef, diplomato all’istituto alberghiero e cresciuto nei locali stellati della Puglia. Nicola ha quindi perfezionato le tecniche di cottura ed è anche riuscito a maturare uno stile personale, con risultati di volta in volta originali ed eleganti, sempre sensati, e tali da conservare una loro intrinseca delicatezza indipendentemente dagli ingredienti impiegati. A partire da due antipasti, la lineare esecuzione dei quali è pensata per valorizzare l’ottima qualità delle materie prime. Che si tratti della nostrana tartare di vacca podolica con carciofo violetto; o del petto d’anatra con scarola, lampone e mandorle tostate. Mentre tra i primi si può optare per le classiche tagliatelle fatte in casa al ragù di lepre; oppure per il risotto con formaggio caprino, aglio nero, fave, e con il tocco magistrale dell’aggiunta della sporchia, un ormai raro parassita vegetale delle piante delle fave. Magari in alternativa a un’altra sofisticata preparazione, l’uovo “Del Gallo”, dedicato all’omonimo collega di Nicola precocemente scomparso. Ecco che l’uovo impanato e fritto viene adagiato su un’eccellente vellutata di piselli, e accompagnato dal tartufo nero e dalle creste di gallo. La conclusione viene allietata dalla deliziosa mousse di ricotta di pecora con arancia candita, grano e cioccolato, che fa il verso alla pastiera napoletana; e per annaffiare l’intero pranzo non mancano alcune chicche enologiche, anche al calice.

www.goodoristorante.it

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