Carne “sintetica”, la nuova rivoluzione alimentare è servita

In Europa la carne bovina si consumava molto prima che i pomodori fossero importati dal nuovo mondo. E questo ci invita a riflettere sul profondo legame esistente tra tale alimento e le nostre consuetudini culinarie. Oggi tuttavia dobbiamo confrontarci con la modernità e con le problematiche ad essa connesse, e ancora una volta dall’altra parte dell’oceano arrivano notizie decisamente rivoluzionarie, che potrebbero sconvolgere le abitudini acquisite. La sconvolgente novità in questione sarebbe la diffusione della cosiddetta carne “sintetica”, ovvero di una carne che più correttamente dovremmo definire “coltivata”, perché è originata dalle cellule staminali degli animali vivi, e quindi perfezionata in laboratorio. Non a caso, proprio negli Stati Uniti, sembra che sia già possibile commercializzare polpettine fritte di pollo nato da cellule coltivate in laboratorio. Siamo dunque entrati in una dimensione decisamente avveniristica, che fa quasi pensare alla fantascienza e che non può lasciare nessuno indifferente, tanto il più entusiasta degli assertori quanto il più accanito detrattore.

Le opinioni a riguardo sono infatti disparate e molto spesso contrapposte, magari riconducibili a due ampi schieramenti l’un contro l’altro armati. Su un versante si attestano coloro che individuano nella carne sintetica una risorsa fondamentale, inevitabilmente destinata a diventare la colonna portante di una sana alimentazione per le future generazioni. Anche perché la sua realizzazione è perfettamente tracciabile, ecocompatibile, e non prevede l’utilizzo di antibiotici; oltre a garantire, secondo alcuni esperti, un apporto proteico non inferiore a quello della carne vera e propria. Sul fronte opposto troviamo invece chi ritiene che l’esigenza primaria non sia quella di creare la carne in laboratorio, ma quella di salvaguardare le filiere di qualità. E che per farlo sia necessario evitare l’alimentazione forzata degli animali, e applicare i criteri di compatibilità ambientale e di tracciabilità ai tradizionali allevamenti (soprattutto) di bovini, la cui razza da tempi remotissimi manifesta in varie forme la sua sostenibilità alle esigenze umane.

Così si spiegano le nette posizioni assunte dagli operatori del settore, e a livello istituzionale dal governo italiano e dalla regione Puglia, evidentemente preoccupati che l’introduzione della carne “in vitro” possa mettere a repentaglio la sopravvivenza di un importante indotto economico e di un prezioso patrimonio di tradizioni gastronomiche. Tutto questo è emerso con estrema chiarezza durante il recente dibattito opportunamente organizzato a Trani sull’argomento, e moderato dal caporedattore TGR Rai Puglia, Giancarlo Fiume. Un vivace e interessante dibattito dal titolo assai eloquente, “La carne, dal produttore al consumatore, tra qualità e sostenibilità”, che dopo i saluti delle autorità ha messo a confronto differenti competenze e differenti professionalità, comunque in accordo sulla necessità di sviluppare la cultura della carne da consumare con moderazione e con le cotture appropriate. Nonché in accordo nell’apprezzamento delle leccornie che il padrone di casa, Mauro De Cillis di “Delizie di carni e salumi” ha proposto in degustazione, tra le quali le eccellenze assolute di un prosciutto iberico e di un hamburger di Kobe.

Gallery