La Cicoria puntarelle detta “Molfettese” punta a raggiungere il riconoscimento di Igp

Più di tremilacinquecento anni fa (quando si dice “la notte dei tempi”) la cicoria era conosciuta in Egitto. Ne parla pure Plinio. E prim’ancora Galeno, uno dei medici più noti dell’antichità greca, suggeriva di mangiarla perché cura le epatopatie (dal greco…), le malattie del fegato. Uno degli ortaggi più comuni sulle nostre tavole pare sia originario dell’Asia Minore (l’Anatolia, attuale Turchia) o della Grecia, e comunque furono i catalani (di qui l’origine del nome “catalogna”) a portarla in Puglia dalla Spagna mediterranea.

Ecco, la Puglia. Qui cresce una delle varietà più interessanti (e più gustose), la cicoria puntarelle. Detta anche “molfettese”. E sì, perché proprio Molfetta è uno dei due epicentri della coltivazione di un prodotto che di recente ha visto spianarsi la strada verso il riconoscimento dell’Igp, l’Indicazione geografica protetta. La Regione Puglia ha infatti espresso il proprio parere favorevole alla domanda di registrazione della “cicoria puntarelle molfettese Igp”, già inserita nella lista Pat, i prodotti agroalimentari tradizionali. Da tempo si batte per l’Igp l’associazione per la valorizzazione e la promozione della Cpm, visto che siamo prodighi di acronimi… Spiega il presidente Mauro De Ruvo, 52 anni, produttore orticolo della città di San Corrado: «Ci siamo costituiti a giugno del 2019, pochi mesi prima che fossimo travolti dal Covid. La priorità è valorizzare e tutelare un prodotto di nicchia così importante per l’economia agricola del territorio».

Un “distretto agricolo” che comprende anche gli agri di Bisceglie, Bitonto, Giovinazzo, Terlizzi e Ruvo di Puglia. «La catalogna a puntarelle è tipica dell’orticoltura pugliese – aggiunge De Ruvo -. È un prodotto edule caratterizzato da germogli teneri e carnosi». La Coldiretti Puglia, spiega a sua volta che “le coltivazioni si estendono dal Salento (dove cresce la cultivar “Galatina”) all’intera fascia costiera barese, appunto fino a Molfetta. Qui si trova anche allo stato spontaneo. L’estensione complessiva delle coltivazioni in Puglia è di oltre 1.500 ettari, di cui circa 600 quasi del tutto concentrati nel Nord Barese».

Torniamo a De Ruvo: «Queste colture sono uno scrigno di qualità e tipicità, che proviene dalla storia agricola dell’area e che ha necessità di protezione e di valorizzazione». La semina avviene da luglio a settembre con piantine ottenute da seme autoprodotto e viene raccolta quando la parte edule dei germogli centrali, appunto le “puntarelle”, hanno raggiunto dimensioni da 7 a 15 cm; le stesse raggiungono pesi compresi tra 800 grammi e due chili, permettendo di ottenere una produzione tra 40 e 100 tonnellate per ettaro. Oltre che cotta, questa cicoria è straordinariamente buona cruda, magari in insalata con olio, aglio (anche senza…) e acciughe. Da provare come guarnizione di pizza o quiche. È stata sperimentata anche la produzione della cosiddetta “quarta gamma”.

Insomma, i contadini come De Ruvo sono definiti da Coldiretti “custodi”. Perché hanno cura di un prodotto orticolo con eccellenti caratteristiche organolettiche ma che è pure un patrimonio di storia, cultura e natura.

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