Kaashi Mas, la ricetta maldiviana da replicare anche in Puglia

La cucina è uno dei modi migliori per conoscere i popoli, le loro tradizioni, la loro cultura.

Ero un giovanotto che aveva tanta voglia di viaggiare e di divertirsi ma, quando ho iniziato a viaggiare, non sapevo quasi nulla di ciò che si mangiava fuori dall’Italia.

Allora non era come oggi, gli Italiani in vacanza cercavano gli spaghetti, la pizza, il caffè espresso, ma, ovviamente, trovavano soltanto improponibili repliche delle nostre ricette e anche nei grandi alberghi in cui venivano proposte erano davvero impossibili da buttare giù.

In Grecia una volta mi trovai nel piatto delle penne di grano tenero spappolate condite con ketchup, nello Sri Lanka ci proposero pasta con i wurstel, in Albania spaghetti con le cozze e il Parmigiano, per non parlare delle pizze con strani formaggi al posto della mozzarella.

Non dimenticherò mai la scena dei miei compagni di viaggio che, dopo una settimana passata nello Sri Lanka, arrivati a pochi metri dall’attracco ad un isolotto delle Maldive, in crisi di astinenza da caffè si lanciarono in acqua per raggiungere il bar del villaggio che – si era diffusa la voce – era dotato di macchina per l’espresso.

Io non sono mai stato così, sono sempre riuscito ad integrarmi con le culture gastronomiche degli altri e la curiosità mi ha sempre dato grandi soddisfazioni. Uno dei piatti che ricordo con più nostalgia, probabilmente anche per il contesto in cui mi trovavo, è stato il Kaashi mas, cioè la ricetta tipica maldiviana del cocco con il pesce.

Mi trovavo su una splendida isola dell’Atollo di Malè Nord nell’Oceano Indiano, chiamata Boduhiti, che in lingua Dhivehi significa “grande isola”. In realtà grande non era, tanto che la girai più volte a nuoto, ma i Maldiviani l’avevano chiamata così per distinguerla da un’altra isoletta poco distante chiamata Kudahiti, cioè “piccola isola”.

Sotto i miei piedi nudi una sabbia corallina incredibilmente bianca, fine e soffice tanto da sembrare farina. Appena arrivato, infatti, avevo abbandonato gli infradito perché rappresentavano un fastidio, un inutile orpello, e così giravo tutto il giorno senza scarpe accarezzato da quella sabbia meravigliosa.

Una sera, dopo l’incantevole tramonto avevano organizzato una cena in spiaggia a base di specialità locali ed io ero molto curioso poiché la semplice cucina maldiviana si basa essenzialmente su pesce, riso e cocco, mentre la carne è totalmente assente, a parte qualche raro polletto proveniente dalla capitale oppure dalle isole vicine abitate dai pescatori indigeni. Sulla spiaggia i Maldiviani avevano allestito il falò intorno al quale avremmo cenato e Carmelo, un 45enne spagnolo, che sembrava avere molti meno anni della sua età effettiva, aveva già iniziato a suonare la chitarra intonando sia il suo flamenco che le canzoni di Dalla, Battisti, De Gregori, Pino Daniele e altri ancora.

L’Oceano Indiano quella sera offriva uno spettacolo naturale incredibile, luccicando come un cielo stellato a causa della bioluminescenza creata dal fitoplancton, un effetto davvero sbalorditivo.

Mentre canticchiavamo, alcuni pacchetti di carta d’alluminio furono posizionati sotto la sabbia bollente là dove c’era il fuoco, mentre alcuni indigeni spaccavano le noci di cocco con il machete.

Dopo un po’ quei pacchetti furono aperti e contenevano i bonitos pescati in giornata, che ci furono serviti accompagnati con pezzi di cocco: il Kaashi mas, appunto, da mangiare rigorosamente con le mani.

Kaashi = cocco, Mas = pesce, una pietanza che mi apparve buonissima, sia perché cocco e pesce tutto sommato insieme male non stanno, ma sicuramente per la magia della situazione che stavo vivendo e poi mangiare con le mani in quello scenario incredibile mi aumentava la sensazione di contatto con l’ambiente. Bevvi acqua poiché, essendo un paese di religione musulmana, il vino in quelle isole era vietato e non arrivava.

Ogni tanto questo piatto lo rifaccio a casa, anche se, ovviamente, non è la stessa cosa.

L’abbinamento, però è sfizioso, provatelo sostituendo il bonito, che in fondo è un piccolo tonnetto, con una palamita oppure con un alletterato o un’alalunga. Ma può andare bene anche altro pesce dei nostri mari, un trancio di tonno oppure un pesce bianco tipo spigola o sarago, del peso di 300/400 grammi. In fondo siamo pugliesi, no?

Farlo è semplice, preparate un cartoccio con il pesce, uno spicchio d’aglio e un filo d’olio, poi mettetelo in forno già caldo a 200 gradi e dopo circa 20 minuti aprite il cartoccio e gustatelo alternando il pesce al cocco, che nel frattempo, avrete pulito. Se volete, rivisitate questo piatto arricchendolo con un paio di capesante gratinate.

In fondo è anche questo un modo per viaggiare, anzi, se avete un camino potete prepararlo sotto la cenere che si forma sotto il fuoco, ricreando quasi il metodo di cottura maldiviano.

O, ancora meglio, preparatelo sulla spiaggia sotto un bel falò, con il sottofondo del mare e, magari, un amico che suona la chitarra. Da noi, il vino è concesso, anzi non fatevi mancare un bel bianco fresco per accompagnare questo viaggio nella cucina maldiviana.

 

 

 

 

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