Bepi Povia, l’architetto vignaiolo che ha reso la sua masseria un luogo spirituale nel cuore della Valle D’Itria

Il sole timido di questi freddi giorni d’inverno pugliese si riflette sull’ampia distesa di terra e un gioco d’alternanze tra querce e vigneti fa da cornice alla masseria Croce Piccola di Martina Franca. Un appezzamento di terra nel cuore della Valle D’Itria dove la natura si palesa in tutto il suo splendore ha affascinato anche Bepi Povia, architetto paesaggista, che come Ulisse fece con le sirene nell’Odissea, non ha saputo resistere a questo affascinante richiamo, decidendo di investire qui per far intraprendere alla sua vita una nuova fase, quella del vignaiolo. Con modi gentili e tono pacato Povia è entrato quasi in punta di piedi in questo territorio, senza voler creare stravolgimenti, puntando a valorizzarlo nella sua anima più vera. Passeggiando in questo particolare lembo di terra si percepisce una grande spiritualità che rilassa in una visione quasi terapeutica da riuscire a rasserena cuore e mente.

Designer, architetto paesaggistico e vignaiolo, come fai convivere in te queste tre anime professionali differenti?

Devo ammettere di avere una parte femminile abbastanza pronunciata, visto che riesco a far convivere in me queste tre anime. Occuparmi di paesaggio mi ha permesso di lavorare con i vigneti per disegnarli e tenerli in manutenzione e poi queste professioni si completano e si uniscono quando c’è da creare il bello e il buono.

La Puglia negli ultimi venti anni ha subito un risalto turistico, oggi qual è il tipo di turismo che può interessare questa regione?

Il turismo che si basa sull’esperienza, diciamo che ne incide per il 90%, più riusciamo a essere autentici sia nel paesaggio che nelle masserie e più il turista ne sarà attratto. Il cliente ormai riesce a percepire l’artefatto dall’autenticità, prediligendo sempre quest’ultima per realizzare le proprie esperienze. Il nostro turismo è sopraggiunto dopo quello della Versilia o dell’Emilia Romagna ma è destinato a durare nel nome dell’esperienza e dell’autenticità.

Nei prossimi anni dove si spingerà il turismo pugliese?

Nonostante il Gargano sia partito prima di tutto, vedi la storia di Pugnochiuso, non ha saputo mantenere la scia, credo che ora i tempi possano essere maturi per permettergli di ottenere la meritata considerazione turistica. Ora il turismo è un po’ a macchia di leopardo distribuito tra: Gallipoli, Fasano, Locorotondo bisogna fare sinergia e connettere queste mete fra di loro. Un discorso di enoturismo che parta dal Gargano e arrivi al Salento, senza tralasciare le città d’arte come Conversano, Trani o Lecce.

Il turismo in Valle D’Itria possiamo dire che è letteralmente esploso. Quali sono le caratteristiche di questa parte di Puglia che risultano così attrattive?

Il Salento resta ancora parte essenziale. Innanzitutto la Valle D’Itria ha una biodiversità che coniuga una parte di monti, arrivando a raggiungere vette fino ai 500 metri, e poi c’è ovviamente il mare. I turisti più colti che frequentavano il Salento si sono spostati verso la Valle D’Itria per ritrovare quel sapore di selvaggio e incontaminato che prima era riservato al Salento.

Com’è nata la volontà di vinificare?

Mio nonno era un commerciate di vini e la storica Enoteca De Candia di Bari era la sua. Sin da piccolo ho vissuto e respirato le emozioni che nascono attorno al vino, la mia infanzia la ricordo tramite la memoria olfattiva. Nel 2006 avevo acquistato questa masseria e nel 2010 ho comprato anche il vigneto, il rapporto con il rettore Vito Savino mi ha spinto a credere nei vitigni autoctoni e dimenticatui come il Maresco, l’Ottavianello, il Minutolo. Il Crsfa (Centro di Ricerca Sperimentazione e Formazione in Agricoltura) mi ha fatto coltivatore custode per la ricerca, mettendo nella mia corte venticinque vitigni da studiare.

Da dove nasce la spiritualità che si respira nella tua masseria?

Hai ragione qui c’è una sensazione forte di spiritualità e mi fa piacere quando i miei ospiti riescono a coglierla. Bisogna considerare che in questa masseria i templari venivano a pregare prima di partire per Gerusalemme e se dalla guerra ne uscivano vivi allora ritornavano qui per ringraziare. Nel nostro bosco abbiamo ritrovato delle tumulazioni a forma di barca rivolte verso Gerusalemme. Questo è un posto templare e le prove ritrovate ne sono una testimonianza sarà questo aspetto a conferire alla masseria quella dose di spiritualità che si percepisce.

Mi parli dei tuoi vini?

Abbiamo un ettaro e mezzo lavorato esclusivamente in biologico. Il mio voler fare vino nasce anche dall’esigenza di conservare e preservare vitigni autoctoni quasi dimenticati come il Maresco. Realizzo tre tipologie di vini un bianco, un rosso e un rosato, con il 70% di Maresco e il 30 %di Minutolo il “Mare Minu” è il vino bianco mentre il “Somarello” è il vino rosato da Susumaniello e il “Morello” è il mio rosso sempre da Susumaniello. La produzione si attesta sulle cinque mila bottiglie e non ho la smania di crescere in termini quantitativi, invece, ho l’obiettivo di trasformare i miei vini in prodotti di nicchia riservati ai veri amanti del genere. L’ultima bottiglia realizzata è una bollicina il “Moresco” che affina 48 mesi sui lieviti nata per mettere in pratica la mia passione verso la sperimentazione.

 

 

 

Gallery