“Tuorlo Biancofiore”, storia di rinascita e di passione nata nel Gargano e allevata in libertà

Le cose veramente serie nascono quasi sempre per scherzo. Sembrerà strano, ma la storia di oggi insegnerà che bisogna prendere sul serio le vostre più folli intuizioni. Un orticello intorno a una casa di campagna, sperduta nell’agro di San Giovanni Rotondo, in pieno parco nazionale del Gargano, una mamma e qualche gallina. Non tante, ma produttive. Due fidanzati e la ricerca della passione, di quella fiamma di vita che ti butta giù dal letto felice anche alle 5 del mattino, pioggia, neve e timido sole che sia.

E quella che sembrava una battuta: “E se allevassimo galline in libertà?”.

Spoiler: presto potrete vivere questo film dal vivo.

È il 2013, e questa è la storia di una rinascita, quella di Antonio e Alessandra, allora alla soglia dei 30 anni, e della nascita di uno dei marchi che più inorgoglisce la Puglia: Tuorlo Biancofiore e la sua margherita bianca con cuore di un uovo. Non qualsiasi, ma un nobiluovo nato da galline allevate a terra in libertà. Felici prendono il sole letteralmente spalmandosi per terra, allargando le loro ali, in modo da assimilare più raggi e accrescere la vitamina D, generando uova buone e, soprattutto, sane. Di quelle che puoi raccogliere ancora calde, bucare sopra e sotto e bere come ci insegnavano le nonne. Loro, le galline di Antonio e Alessandra, non lo sapranno spiegare, ma ci sanno insegnare la perfezione della natura se lasciata libera di esprimersi. Alessandra e Antonio, ci regalano, invece, un esempio virtuoso di come amare la natura, se stessi e la propria terra diventa un’impresa di successo. La seconda in Italia a credere nell’allevamento brado di galline livornesi, ovvero quelle bianche.

Come nasce l’idea Tuorlo Biancofiore, e da dove? Nel senso, cosa vi ha spinti a questo progetto?

Quando mi fanno questa domanda (risponde Alessandra Germano, ndr.) ci tengo a parlare non tanto della nascita dell’azienda ma della rinascita mia e di Antonio, il mio compagno. Nel 2013, infatti, Antonio era un operatore socio sanitario al “clinicizzato” di Chieti, io ero fresca di studi e avevo appena terminato l’università di veterinaria con specialistica in acquacoltura, e l’ultimo anno mi sono appassionata al marketing e gestione dei prodotti agroalimentari, e in questo ho fatto la tesi. Poi il master in comunicazione di settore, appunto. Allora ero in Emilia Romagna, prima a Cesenatico poi a Reggio Emilia, ma l’idea di tornare in Puglia a investire mi stuzzicava. E quando parlo di investire non mi riferisco a qualcosa di meramente economico, ma passione, tempo, dedizione nel coltivare le nostre attitudini e capacità. E rendere il nostro territorio importante”.

Bene e, sembra proprio, che ci siate riusciti. Vorrei dire “e così sboccia un fiore”, ma nel vostro caso è meglio dire che si sia schiuso un uovo covato con amore…

Sì, volevamo diventare, in qualche modo, ambasciatori dell’agroalimentare per la nostra terra. Così, unendo tutti questi fattori, passione per gli animali e natura, dedizione al sacrificio, e voglia di fare bene e in grande, ecco che nasce il progetto Tuorlo Biancofiore.

Poi quando si desidera tanto qualcosa il mondo collabora creando utili coincidenze, non è vero?

Già, infatti, in quel momento particolare la mamma di Antonio aveva un orticello con una decina di galline e queste galline cominciavano a produrre e le loro uova erano sempre più richieste e Antonio un giorno, che ricordo ancora adesso (ride Alessandra al pensiero, ndr), mi disse “ma se ci lanciassimo in una cosa del genere? Credevo scherzasse.

E, invece, no. Proprio no. Alla seconda proposta lo hai preso sul serio?

Sì, abbiamo fatto delle indagini di mercato. Appurato che potesse funzionare abbiamo preso le nostre prime 50 galline. All’inizio è stato stranissimo, non tanto allevare queste 50 galline (Alessandra continua a ridere divertita al ricordo, ndr) ma capire cosa fare con le loro 50 uova (sì, ne fanno una al giorno, ndr): io ho pianto. Giuro. Non sapevo da dove partire. Col senno di poi capisco che quel senso di incertezza e paura, grazie alle nostre personalità si è trasformato in intraprendenza. E da lì abbiamo incominciato”.

E non vi siete più fermati. E ora?

E ora da allora viviamo e lavoriamo secondo il rigido criterio della sensibilità verso il prodotto, perché è da lì che ci si è aperto un mondo. Ci siamo resi conto davvero di quanto fosse demonizzato tutto il comparto avicolo, a partire dalle uova a finire con la carne. Questo ci ha stimolato sempre di più a dare dignità e umanità a questo settore.

Prima di voi, solo un’azienda si era lanciata in questo in Italia, l’azienda di Paolo Parisi, ma in Puglia siete stati i pionieri?

Vero, siamo stati i primi in Puglia: abbiamo dato vita a un prodotto totalmente nuovo. Un uovo nobile, dato da galline allevate a terra, in libertà, all’aperto, al sole. Un uovo dotato di tutti i requisiti di eccellenza, di purezza e di perfezione. Ecco perché il marchio “Nobiluovo di natura”, il nostro punto di forza.

C’è passione, sacrificio, studio, e conoscenza, della natura e della comunicazione. È questo il segreto del vostro successo?

Bisogna avere attitudine ma bisogna anche studiare. Credo che la semplicità nel fare le cose, il lasciar fluire e farsi trascinare. Insieme alla sensibilità per la natura e il nostro territorio. Ché poi opportunità del genere sono sotto i nostri occhi tutti i giorni ma non le vediamo: allevare le galline così è la cosa più semplice del mondo, basta seguirne la natura. Così come lo sarebbe per un maiale, un’oca, una mucca. L’importante è rispettare a 360 gradi il benessere dell’animale, rispettando la natura dell’animale è inevitabile avere un prodotto di massima naturalezza. Oltre ai cereali che gli diamo loro razzolano in giro tutto il giorno e si alimentano di vermetti, pietruzze e tutto ciò che trovano di naturale e commestibile e questo arricchisce l’uovo che ci regalano. È un concentrato in 60 grammi di amore”.

Un concentrato di amore in 60 grammi è il modo più bello per descrivere un uovo che io abbia mai sentito. Chiuderei così l’intervista, ma voglio parlare ancora di amore con voi, e a tal proposito parliamo di Gargano?

Lasciar vivere la natura è la nostra mission, poi è ovvio che dietro le aziende ci sono le persone, il loro background e i loro studi, e i loro valori. E noi cerchiamo di trasmettere quelli: valori e valore. Un valore per noi è la nostra terra. Siamo nel cuore del parco nazionale del Gargano, che purtroppo è valorizzato soltanto da noi aziende ma non dagli enti.

Non vi sentite sostenuti dalle istituzioni e dagli enti?

Ci siamo accorti che gli enti piuttosto limitano, isolano, il parco nazionale che è davvero ricco di tante diversità, biodiversità, e vedo sempre che siamo noi aziende a investire di più per valorizzarlo. Lo devo dire. I nostri allevamenti, colture, eccetera, essendo in un contesto territoriale incontaminato e salubre è naturale che producano genuinità. Io mi rendo conto che ogni volta che ne parlo il mio animo si apre sempre di più, e a volte credo di essere troppo sensibile al territorio in cui viviamo perché è una terra in cui la libertà di vivere, di esprimersi e di espandersi è naturale. Non saprei come altro esprimerlo.

Credo che non ci sia modo migliore di spiegare il Gargano, e il parco naturale in particolare, che “un luogo dove l’animo è libero di espandersi”. Ma non è facile lasciare l’animo libero, perché dietro l’angolo della sensibilità si nascondono i pericoli delle delusioni: insieme a tanta felicità avete avuto dei dolori?

È una domanda che ci tocca molto questa, ma rispondere a questa dà il senso di tutta l’intervista. Le cose fatte perché ti piacciano sono sempre belle anche nei momenti più difficili. Premesso questo, dobbiamo ammettere di trovarci oggi in un contesto socio-economico che non aiuta le aziende e l’unica motivazione che ci spinge ad andare avanti è l’amore per quello che facciamo, la voglia di essere diversi, migliori, di cambiare qualcosa. A livello sociale. Voltandoci e guardando al 2013 vedo una Tuorlo Biancofiore (dal cognome di Antonio, ndr.) che viveva in un contesto più semplice: lavorare, investire ed entrare all’interno dei mercati.

Ecco perché volevo raccontare di voi, nonostante lo abbiano fatto in tantissimi ormai, fino a illustri testate, conosciutissime a livello nazionale, come Striscia la notizia e Linea Verde. Ma io vorrei che passaste un messaggio d’amore e speranza alle risorse pugliesi, e che il vostro racconto fosse da monito per le istituzioni. Le aziende non vanno lasciate da sole.

Noi abbiamo deciso di sfidare la sorte e insistere quando tutto stava cambiando, ma non tutti hanno la stessa intenzione e pazienza: per esempio, abbiamo deciso di continuare a investire partecipando al PSR della Regione Puglia 2014/2020, che si è sbloccato per ragioni burocratiche soltanto negli ultimi due anni. E ora stiamo dando vita a un’azienda totalmente green, a zero impatto ambientale, ma molto innovativa. Ci è voluto tempo e pazienza, puntando solo all’obiettivo e stringendo i denti. Perciò il nostro monito è studiate, accrescete la vostra esperienza, la vostra cultura, ampliate i vostri orizzonti conoscendo più cose possibili, e vivete e lavorate secondo i vostri valori. Quindi alle aziende diciamo: rimanete ancorati alla tradizione del proprio territorio, ma puntate all’innovazione, perché come solo adattandosi al processo evolutivo si sopravvive e si migliora, si cresce e ci si diversifica”.

Beh, proprio come natura insegna. Dove vi troveremo nel 2023?

Con il nuovo progetto green avremo bisogno di più spazio e quest’anno ci trasferiremo: ci troverete sempre in agro di San Giovanni Rotondo, le nostre galline saranno ancora più felici in un grande agrumeto. I polli dei nuovi foraggi: abbiamo già iniziato a coltivare terreni vicini agli allevamenti, in modo tale da chiudere la nostra filiera. E vi invitiamo a venire a vivere una vera e propria esperienza di vita nella nostra azienda, abbiamo tante novità anche sul piano sportivo e dell’alimentazione. Ci divertiremo, imparando e sensibilizzandoci.

 

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