Un alone di mistero si aggira sulla Tetta della Monaca, dolce squisito dal nome peccaminoso. Non si sa bene, infatti, quale sia la sua storia, né chi l’abbia ideato, mentre non ci sono dubbi su cosa abbia ispirato la sua forma.
Questo morbido cono di pan di spagna, che ricorda – se non fosse ancora chiaro – il seno di una donna, è spesso confuso con il ben più noto Sospiro di Bisceglie, entrato a far parte dei Presidi Slow Food nel 2014; una bianca copertura di glassa di zucchero lo rende, però, differente dalla Tetta della Monaca che al suo esterno ha solo una spolverata di zucchero a velo. C’è poi chi ipotizza un legame con le abruzzesi Sise delle Monache, che invece sono caratterizzate da tre protuberanze.
LA TRADIZIONE ALTAMURANA
Sono molte, però, le testimonianze che attribuiscono questo dolce alla tradizione della città di Altamura, famosa non solo per il pane. Probabilmente fu creato nel 1500 dalle clarisse del Monastero di Santa Chiara, che hanno continuato a produrlo nell’omonima pasticceria fino a qualche mese fa, prima che fosse chiusa per lavori di ristrutturazione. Questa ipotesi spiegherebbe l’origine del suo nome – almeno in parte – ma nessuno ne dà conferma, neppure le attuali clarisse.
L’unica certezza arriva dal signor Dioniso Caputo, della storica Pasticceria Caputo, che afferma di aver iniziato a sfornare questa delizia più di cinquant’anni fa, quando le Tette delle Monache facevano già parte della tradizione dolciaria di Altamura e lui era ancora un pasticcere alle prime armi.
MAESTRIA ED ESPERIENZA
Secondo il sig. Caputo il segreto della Tetta della Monaca è nella qualità dei pochi ingredienti necessari: uova, farina e zucchero per l’impasto. Il risultato è un pan di spagna sofficissimo, farcito con una gustosa crema pasticcera, alleggerita da una piccola quantità (il 20%) di panna, da non confondere con la chantilly nella versione italiana, che ne contiene il 50%. Una preparazione per nulla semplice, che richiede grande maestria ed esperienza al fine di ottenere la giusta consistenza. Si tratta di una lavorazione molto delicata che necessita, inoltre, di cottura in forno priva di vapore e di frigo con temperatura adatta a preservarne l’integrità. Nonostante le origini dubbie e l’assenza di un disciplinare che tuteli questa delizia, le storiche pasticcerie di Altamura, tra cui la Pasticceria Caputo, continuano a produrla artigianalmente, ma è possibile trovarla anche fuori provincia, fino ad arrivare a Martina Franca.
DIFFIDATE DALLE IMITAZIONI
Esistono poi delle versioni moderne – o forse meglio dire fake – realizzate con la farina mix africano, un composto di amido, agenti lievitanti e addensanti. Per identificare la vera Tetta della Monaca, come suggerisce il sig. Dioniso, è necessaria la prova del morso: al primo assaggio il morso, appunto, dovrà affondare in un soffice – e non gommoso – pan di spagna. Il gusto delicato e avvolgente della crema completerà l’esperienza sensoriale.
Si tratta quindi di un prodotto di alta pasticceria, difficilmente riproducibile a casa, se si aspira a ottenere il risultato descritto. Nulla vieta dal provarci, ma il consiglio è di aggiungerlo alla lista delle specialità pugliesi da provare il prima possibile.
Foto Credits: Pasticceria Caputo