Il pane in Puglia non è solo un bene di prima necessità è un cibo ricco di storia, a cui si legano le tradizioni di questa Terra. Abbiamo parlato del Pane di Altamura e del Pane di Monte Sant’Angelo ma spingendoci più a sud ritroviamo un altro simbolo pugliese: la Puccia salentina.
Per puccia si intende una forma di pane tratta dallo stesso impasto della pizza, generalmente tonda dal diametro che oscilla tra i 20 e i 30 centimetri e con molta mollica. La versatilità in cucina e il suo gusto l’hanno resa un prodotto di successo che nel giro di pochi anni, complice il grande successo ottenuto dalla Puglia a livello turistico, l’hanno esportata fuori dai confini regionali, diventando un prodotto molto conosciuto nel resto d’Italia ideale come cibo per lo street food.
La puccia trae le sue origini dai tempi dei romani, infatti, il suo nome molto probabilmente deriva da “puccidatu”, ovvero quel pane che gli antichi legionari romani portavano con loro durante le lunghe spedizioni il cui impasto aveva il vantaggio di conservarsi per giorni. In un periodo successivo questo cibo fu utilizzato anche dai contadini, che lavorando i campi avevano bisogno di un prodotto sostanzioso e veloce da mangiare per permettergli di riprendere le forze per continuare i lavori.
La tradizione narra che fu un pizzaiolo di Trepuzzi, un piccolo paese vicino Lecce, ad aver dato inizio alla diffusione della puccia salentina. Nell’imitare il gesto delle zie decise di dividere l’impasto della pizza in tante palline, ponendo questi impasti in un forno a legna ardente e dopo poco ebbe modo di notare come queste palline, man mano, si trasformassero in veri panini. La loro particolarità, all’epoca, era di essere senza mollica e più duri di un normale panino e già da allora si capì che la forza di questo prodotto l’avrebbe data soprattutto la farcitura, utilizzando sempre verdure e ingredienti di stagione. Da questi primi tentativi ed esperimenti, nasce l’attuale puccia salentina, che oggi conosce diverse modalità di preparazione e differenti versioni, a seconda del territorio della Puglia in cui ci si trova.
Nel Salento ritroviamo anche la versione “uliata”, ossia con le olive nere. La sua caratteristica principale è di avere molta mollica ed è un alimento praticamente completo, perché una volta farcita sicuramente non resterà spazio per mangiare niente altro. Nella puccia uliata spesso ritroviamo le olive con il nocciolo ed è proprio a Caprarica di Lecce che si festeggia la “Festa te la Uliata”, dove ad un certo punto si apre la competizione di “sputo del nocciolo”, la gara consiste nello sputare i noccioli il più lontano possibile.
Da tradizione la puccia veniva preparata il 7 dicembre, il giorno della Vigilia dell’Immacolata Concezione, sia perché era un cibo semplice da preparare che avrebbe permesso alle donne di avere il tempo per poter adempiere a tutti i riti religiosi di questa particolare giornata.
È bene specificare che esistono diverse versioni della Puccia: La versione di Gallipoli detta la Puccia Caddhipulina che viene condita con capperi e acciughe sotto sale, ma negli anni sono stati aggiunti anche tonno, pomodoro e olio (sempre rigorosamente extravergine d’oliva), mentre il peso può variare da 250 grammi a un chilogrammo.
Nella zona di Taranto, invece, troviamo la “Puccia alla vampa” (ossia “alla fiamma”), che a differenza degli altri tipi di pucce ha poca mollica ed è come una specie di disco di pane, molto morbido, viene farcita con semi di pomodoro, olio, sale e ricotta forte. A volte si accompagna alle rape stufate. Nel tarantino, ancora, abbiamo la variante di Pulsano e Lizzano, detta alla Tajedda (teglia), farcita con cipolle, olive e peperoncino.
Nella zona del Gargano esiste la versione foggiana chiamata “Paposcia”, il nome deriva dalla sua forma allungata che ricorda una pantofola.
Foto Credits: Antonluca Iasi @antonlucaiasi