Michele Cobuzzi. La Puglia che brilla a Milano in una delle dodici Stelle di chef Bartolini

“Lavora in silenzio, lascia che il tuo successo sia il tuo rumore”. Talento, umiltà e concretezza. Questo è lui. Michele Cobuzzi, 33 anni, lavora già da 18, dal 2021 ha due ristoranti da seguire, oggi uno è una stella Michelin. Di quelle che brillano in terra, fra di noi. Chef foggiano ha girato l’Italia sin dai suoi 15 anni, poi una breve parentesi nella sua Puglia, negli anni più difficili della nostra storia contemporanea, tra Covid-19 e lockdown. E ad agosto 2021, la svolta della vita: arriva la chiamata più attesa di tutti gli aspiranti al firmamento delle stelle della Guida Michelin.

È quella di Enrico Bartolini, il secondo chef più stellato al mondo e il primo più stellato d’Italia nella storia. Enrico ha bisogno di Michele, Enrico ha un nuovo, grande, progetto a Milano.

Si chiama le proposte gastronomiche del Hotel 4* Superior “Milano Verticale” del Gruppo UNA Experience, nel moderno distretto Porta Nuova – Garibaldi – Corso Como della città meneghina: qui al piano terreno si trovano i suoi due nuovi ristoranti Anima, gourmet, e Vertigo, Osteria Contemporanea e Urban Garden Bar.

Al timone di cucina e brigate, Enrico vuole Michele. Bartolini e Cobuzzi, due giovani talenti della cucina, uno entrato nella storia, l’altro lo sta facendo.

Enrico e Michele, due uomini dediti al sacrificio di questo mestiere che, prima di portare successo, porta fatica, e porta a dedicare ogni energia della propria vita all’obiettivo e al lavoro. Due uomini simili perché concreti, e concreti perché umili. E, soprattutto, infaticabili. Conosco Michele da anni, e l’ho sempre trovato in cucina, e mai in vetrina. Conosco il suo attuale mentore da quando Michele è qui a Milano e, nel parlare del suo progetto per Milano Verticale, Enrico Bartolini non parlava, e non parla, di sé ma del suo braccio destro, riconoscendosi nel suo carattere pacato ma deciso, nel suo talento innato ma costruito.

Michele Cobuzzi, oggi, cuce nel firmamento dei ristoranti di Enrico Bartolini una delle sue 12 Stelle Michelin e porta nel suo menù l’identità della sua terra: la Puglia.

Michele, è passato un mese da quando la Guida Michelin ti ha insignito della prima stella. Ora, con la serenità del distacco emotivo dal frastuono delle luci della ribalta, possiamo un primo bilancio. Cosa è cambiato da Anima, e cosa dentro di te?

Sì, è passato il giusto tempo per elaborare il risultato raggiunto. Mi fa tanto onore, ma è un successo raggiunto dal gruppo, non dal singolo. Ne sono onorato personalmente perché io sono al timone di questo bellissimo progetto che mi ha affidato Bartolini e che accresce la mia autostima, mi rende consapevole che siamo bravi. Ma bravi tutti, insieme come gruppo, abbiamo faticato quest’anno e meritavamo. Ci da quella forza e la giusta convinzione nella nostra cultura gastronomica. Personalmente dentro di me il coronamento di questo sogno così ambito che mi ha portato tanta felicità e orgoglio.

Per arrivare, in un anno, a questo traguardo tu ed Enrico Bartolini lo avete pianificato quel giorno di agosto in cui vi siete stretti la mano e avete iniziato questa collaborazione? O è un successo, meritato, ma inaspettato?

Sarei ipocrita a dirti che questo è un risultato inaspettato. Enrico Bartolini apre ristoranti perché ha degli obiettivi ben precisi. Disegna sin da subito ristoranti su misura per poterci lavorare in maniera adeguata rispettando i suoi standard e fa una pianificazione già in fase di apertura. Una pianificazione che rende una visione più chiara del percorso e delle attività che è necessario fare. L’impostazione è tutto. Questo impone che si scelgano alti standard di cucina, di servizio e di organizzazione, in modo da trasmettere sin da subito quello che si vuole offrire al cliente. Quindi, per tornare alla tua domanda: no, questo non è un successo inaspettato, ma altrettanto non è scontato. Per questo ci siamo impegnati tantissimo per soddisfare gli obiettivi che Enrico si era prefisso e che abbiamo condiviso sin dalla prima stretta di mano.

Che cosa è cambiato ora da Anima? E cosa, invece, avete intenzione di cambiare?

Sicuramente l’atmosfera, che è migliore. I clienti restano volentieri al tavolo e si lasciano coccolare fino all’ultimo secondo. Abbiamo interagito e stiamo interagendo tanto con il cliente con tutto il servizio di sala, in quanto finiamo diversi piatti al tavolo. Ho inserito da pochissimo una piccola pasticceria che è un croissant alla crema. Una tradizione del mio fine serata in Puglia: da noi quando si “fa serata” prima di rientrare ci si ferma al bar per il cornetto della buonanotte. E ho voluto rappresentare questo. Ovviamente farcito in sala con un gelato mantecato al momento. Stessa cosa con un risotto mantecato in sala.

Quindi cambia il menù, ma soprattutto l’approccio con il cliente, che diventa ancora più intimo. Questo è meraviglioso perché una Stella Michelin a volte induce una sorta di timore reverenziale che potrebbe creare distanza emotiva tra il cliente e l’entourage dello chef. Si inverte il paradigma?

Sì, stiamo prendendo tante iniziative per far sì che il cliente interagisca sempre di più con noi e accorciare ed eliminare le distanze. Per trasmettergli quello che siamo e chi siamo. Il menù di oggi, è un menù autunnale completamente stravolto. Anche dei miei piatti che piacevano tantissimo a Enrico, li ho cambiati perché mi piace cambiare. Non amo la monotonia, anche se sicuramente col tempo avrò dei piatti che saranno dei signature.

Michele sei uno stellato che mette in tavola, tra gli entrée, un quadratino di focaccia. Audace o concreto?

Quel quadratino di focaccia mi rappresenta: si chiama la casareccia e dalle mie parti si fa col pane di semola schiacciato con su i pomodori. È una nostra ricetta tipica del Foggiano. E proprio riguardo a questo l’altro giorno ho sentito qualcuno dire che la focaccia la si mangia altrove: io, invece, mi sento di dire che la gente ha bisogno di un po’ di confort nel ristorante stellato e io cerco di dare un tocco di casa ai miei clienti, che fa veramente bene e piace.

E non c’è solo quella Puglia nella tua cucina. Eppure la maggior parte della tua esperienza professionale e le tue più grandi soddisfazioni nella carriera le hai spese e ottenute lontano dalla tua regione. Allora cosa significa Puglia per te? E cosa pensa Enrico Bartolini di questo aspetto e della caratterizzazione, in qualche modo, identitaria che hai dato il tuo, vostro, menù?

Riguardo al menù Enrico mi lascia carta bianca, totalmente. Quello che facciamo, che è molto costruttivo e che pretendo anche da lui è l’assaggio insieme, perché avere un confronto con lui per me è fondamentale. Anzi a lui piace che io esprima la mia Puglia. E questo fa bene anche a me, perché mi avvicina alla mia terra anche se non ci ho mai lavorato. Ho la fortuna di saper cucinare e aver lavorato per importanti maison, voglio rendere omaggio alla mia terra mettendo a disposizione le mie esperienze e talenti per creare piatti identitari. La Puglia è casa: ho due fantastici genitori che vengono dalla campagna e sono cresciuto conoscendo il gusto delle materie prime genuine. Mia mamma al supermercato comprava solo il sale, lo zucchero, il pesce e il latte, il resto lo avevamo noi. Sono uno fortunato.

E per finire: scegli se raccontarmi un segreto, o se dirmi cosa vi siete detti tu ed Enrico quando vi siete rimessi al lavoro e avete stabilito i prossimi obiettivi per il 2023 (2024 per la Michelin)… e non puoi mentire né in un caso né nell’altro (risate, ndr)

Con Enrico siamo sempre stati molto affiatati e non abbiamo cambiato i nostri obiettivi alla luce della Michelin. L’obiettivo è sempre lavorare al top, per i clienti, se sono contenti loro siamo contenti noi: la Michelin è una conseguenza.

E il segreto?

Nulla, Michele Cobuzzi non ha segreti.

 

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