Simbolo per eccellenza di Taranto, tanto da essere presente in tutte le sue leggende, il delfino vive da sempre nelle acque che bagnano la ‘Città dei due mari’. Eppure secondo le vecchie mappe, che indicavano la distribuzione delle specie di cetacei nel Mediterraneo, il Golfo di Taranto era disabitato. È proprio per colmare questa inspiegabile lacuna e per tutelare un’area vessata dalle attività umane ad alto impatto che nel 2011 nasce la Jonian Dolphin Conservation. Un’associazione di ricerca scientifica composta da un gruppo variegato di professionisti – veterinari, comandanti, biologi, uomini di bordo – uniti dall’amore per il mare. A occuparsi della raccolta e dell’elaborazione dei dati durante le spedizioni c’è la biologa Lia Santacesaria, impegnata anche nella divulgazione scientifica, sia a bordo sia presso Ketos, il Centro Euromediterraneo del mare e dei cetacei.
“Tutto è iniziato nel 2009 quando Carmelo Fanizza – fondatore e presidente dell’associazione – insieme a un gruppo di amici e colleghi organizza immersioni subacquee nei mari di Taranto. Passando molto tempo in acqua e incontrando di frequente i delfini, Carmelo ha realizzato che pochissime persone sapevano che i cetacei vivono nei nostri mari e anche a livello scientifico non c’erano dati a riguardo. Quindi, Carmelo si è reso conto della necessità di colmare questo gap conoscitivo e allo stesso tempo ha avuto la lungimiranza di capire come i delfini, la loro tutela e il conoscerli meglio potesse rappresentare una risorsa per Taranto.”
I DELFINI NEL GOLFO DI TARANTO
La loro presenza nei nostri mari è davvero considerevole, basti pensare che le specie di cetacei nel Mediterraneo sono dodici e nove nello Ionio. La maggior parte di loro vive in ambienti profondi, oltre i 200 metri, mentre il tursiope si trova anche molto vicino alla costa.
“Siamo abituati a pensare ai delfini e alle balene come qualcosa di ‘esotico’ ma in realtà ci sono sempre stati nei nostri mari e la cosa meravigliosa dei cetacei è che nel corso dell’evoluzione hanno avuto la capacità di adattarsi a tantissimi habitat diversi, dai mari più freddi a quelli più caldi, da quelli più profondi agli ambienti costieri, e in alcune parti del mondo li troviamo anche nelle acque dolci dei fiumi. A volte ci basterebbe guardare il mare un po’ quando siamo in spiaggia o quando passeggiamo sulla costa per osservare i delfini.”
LE SPEDIZIONI IN MARE
Per poter avvistare i delfini il team percorre 35 miglia al giorno in un’area di circa 960 chilometri quadrati. A volte sono necessarie ore prima di un avvistamento: in mare aperto può succedere di tutto.
“Lavoriamo con animali completamente liberi e ovviamente si spostano in base alle loro esigenze. Non abbiamo richiami, GPS satellitari e altro per seguirli, trovarli o attirarli. Usiamo solo i nostri occhi e i binocoli perché l’obiettivo è studiarli esattamente come sono in natura, senza influenzarli. Mentre navighiamo alla ricerca dei cetacei possiamo trovare e osservare altri spettacoli naturali: mante, pesci luna, tonni e pesci spada in caccia, pesci volanti, razze, squaletti, tartarughe marine. È emozionante qualsiasi cosa succeda.”
TUTELARE I DELFINI
La raccolta dei dati è una delle attività fondamentali per l’associazione, a cui si aggiunge la necessità di condividere e divulgare questo sapere. Da qui nasce l’iniziativa Ricercatori per un giorno, un progetto di Citizen Science (scienza partecipata dai cittadini) che dà la possibilità a chiunque abbia interesse – studenti, turisti, cittadini – di salire a bordo del catamarano Taras e partecipare alle attività di avvistamento e ricerca.
“L’idea su cui si base la JDC, nonché il nostro obiettivo, è questa: tutelare i delfini che vivono liberi nel Golfo di Taranto. Per farlo abbiamo bisogno di studiarli, conoscerli, capire come e perché vivono qui, quanti sono, come si spostano e qual è il loro stato di salute. Ma non basta che a conoscerli siamo noi, per riuscire veramente a proteggerli dobbiamo diffondere queste conoscenze acquisite sia alla comunità scientifica (importante perché grazie ai dati scientifici si può arrivare a parlare con i decisori politici e compiere azioni di tutela) che a tutta la cittadinanza, dai grandi ai più piccoli. Sono le persone alla fine a poter fare la differenza per la natura e la tutela di questi animali”.
RICERCATORI PER UN GIORNO
Partecipare come ospiti alle spedizioni della JDC dà la possibilità al team di ricerca di trascorrere più di 200 ore l’anno in mare e raccogliere quindi una quantità di dati notevole. Allo stesso tempo regala ai partecipanti un’esperienza unica. Salire a bordo significa diventare appunto ricercatore per un giorno e quindi identificare gli esemplari, fotografarli, ascoltare e registrare i fischi, compilare le schede di avvistamento che diventeranno materiale utile per le pubblicazioni scientifiche.
“Vedere gli animali nuotare liberi è un’emozione unica, diversa, inaspettata.
Dai più grandi ai più piccoli, c’è meraviglia. C’è chi si emoziona così tanto da piangere. Sono animali che trasmettono empatia per cui si crea quasi un legame con loro. Anche noi ci emozioniamo ogni giorno come se fosse il primo, a volte ancora più degli ospiti. Alcuni delfini li conosciamo e li ritroviamo nel corso tempo, quando da un anno all’altro riavvistiamo Mario, Surf, Tigre e il resto della famiglia è come ritrovare parte della nostra famiglia”.
COSA BISOGNA ANCORA FARE
“Fino ad ora abbiamo messo le basi per conoscere queste specie, ora dobbiamo capire effettivamente come e se cambia la loro popolazione in base agli impatti che ci sono nel nostro mare. Inoltre, abbiamo avviato la procedura per creare un’area marina protetta nel Golfo di Taranto. Definire delle regole e delle azioni di gestione dell’ambiente marino è fondamentale per tutelare i delfini ma più in generale tutto il mare. Bisogna cercare di rispettare l’equilibrio della natura e rendere compatibili le attività dell’uomo con la natura. Bisogna capire che la natura è una risorsa che non va sovrasfruttata. Ognuno di noi comunque può fare il suo, imparando ad amare veramente il mare e la natura e rispettando l’ambiente in cui viviamo come fosse casa nostra, perché è casa nostra, e la nostra vita dipende anche da questo”.