In Puglia la pasta fresca fatta in casa è un elemento quasi imprescindibile nella preparazione dei nostri primi piatti. In tutta la regione, infatti, sono presenti particolari formati di pasta tipici dei vari territori, di diverse fogge, ma con la caratteristica comune di essere fatti con sola semola senza aggiunta di uova, cosa che avviene quasi sempre al centro e al nord Italia.
In Daunia ci sono i troccoli, sorta di spaghettoni creati con uno speciale matterello in ottone, in Salento i minchiareddrhi o le sagne’ncannulate, nell’Alta Murgia i capunti, in Valle d’Itria i fricelli, a Bari i minuicchi. Ce ne sono altri ancora e gli stessi che ho citato prendono nomi diversi a seconda della zona.
La regina delle paste fresche, però, è senza dubbio l’orecchietta, presente in tutta la Puglia, anche se a volte confezionata in modo diverso, conosciutissima in tutta Italia, forse addirittura nel Mondo. Una volta non c’era massaia che non fosse capace di preparare le orecchiette.
Ora le cose, invece, sono un po’ cambiate, le prepara in casa soprattutto chi ha voluto imparare dalle nonne o si è attivato facendo dei corsi organizzati da quelle associazioni che mirano al recupero delle tradizioni. Ma se una donna (o anche un uomo, perché no!) non è capace di farle, le può ormai facilmente acquistare confezionate in un supermercato o in un negozio di pasta fresca.
I crocieristi in transito nel capoluogo pugliese, ad esempio, vengono accompagnati in escursione tra le stradine di Bari vecchia, dove le signore dell’Arco Basso preparano ogni tipo di orecchiette e le mettono ad asciugare all’esterno delle loro case per venderle al pubblico.
C’è però, una caratteristica poco conosciuta che differenzia le orecchiette baresi da quelle che si fanno in tutta la regione e persino a pochi chilometri dal capoluogo.
Infatti, per preparare le orecchiette si utilizza un coltello, chiamato sfèrre, che “strascinato” con maestria ed esperienza – di qui il termine dialettale strascenàte – crea una conchiglietta concava e rugosa in grado di raccogliere bene il condimento.
Ma se a Bari le orecchiette si formano con il solo trascinamento del coltello, pratica piuttosto difficile che richiede molta esperienza e manualità, in altri luoghi si fa un ulteriore passaggio, cioè il rivoltare la pasta sul dito per ottenere, appunto, quell’incavo. Un passaggio che sarebbe improponibile sulle minute orecchiette baresi, troppo piccole per essere cavate con le dita.
Le massaie baresi della città vecchia, infatti, a torto o ragione ma comunque convinte della superiorità del proprio manufatto, chiamano pittorescamente l’altro tipo di orecchietta, quella – per intenderci – rivoltata sul dito, “strascenàte cu dìscite ‘n gùle” (orecchiette con il dito nel sedere).
Si tratta di due procedimenti che portano a risultati apparentemente simili ma che, in realtà, creano due paste di diverse e dagli utilizzi differenti.
La piccola e sottile orecchietta barese viene usata tradizionalmente con il ragù di brasciole di cavallo della domenica, mentre con le cime di rapa si preferiscono quelle un po’ più grandicelle e spesse.
Mia nonna Maria, barese purosangue, ogni sabato impastava la semola di grano duro, creava un panetto che faceva riposare coperto e poi creava dei cordoncini dai quali ricavava minuscoli tocchetti, poi con la sfèrre abilmente accompagnata dagli indici delle due mani creava piccole orecchiette, capolavori di dimensioni tutti uguali fra loro. Era velocissima, riusciva a fare grandi quantitativi in pochissimo tempo!
Una volta pronte, le teneva ad asciugare sul tavoliere fino al giorno successivo, per poi cuocerle e servirle come piatto principale della domenica, in grandi quantità in modo da farle avanzare e poterle poi ripassare in padella la sera, bruciacchiandole un po’. Una vera delizia!
In Puglia le orecchiette sono davvero le regine delle nostre tavole e si preparano in tanti altri modi diversi, non solo con ragù o con le cime di rapa.
Di tradizione sono anche quelle con le “cime di cole” (cavolo violetto) e “u lardìdde squagghiàte” (lardo sciolto), oppure con pomodoro fresco, rucola e cacioricotta.
Provatele anche, però, con il purè di fave avanzato e la “cepodde sfritte” (cipolla sofftitta), con il ragù di polpette oppure gratinate al forno con la mozzarella.
Altro abbinamento apprezzato dai palati forti è con la ricotta forte (recòtte ascquànde), mentre in Salento si confezionano anche di orzo e, quando sono mescolate con i minchiareddhri simboleggiando il sesso femminile e maschile, danno vita ai maritati.
Nella Murgia vengono spesso accostate a funghi cardoncelli e salsiccia e, nella vicina Lucania, ai peperoni Zafarani di Senise, “cruschi” (cioè croccanti) sbriciolati sopra.
Diventano anche dolci in un’antica ricetta barese, vengono condite con ricotta freschissima, zucchero e scorza di limone grattugiata.
Il grande artista pugliese Tony Santagata, negli anni ’70, dedicò persino alle orecchiette la canzone “Li strascinate”, divertente pezzo che è diventato un po’ l’inno di questo meraviglioso formato di pasta, simbolo gastronomico dell’intera regione.
Foto Credits: Sandro Romano