Antonella Ricci: “Abbiamo fatto di necessità virtù” La chef pugliese apre con il marito Vinod la loro osteria a Milano.

Se esiste un leitmotiv di questo tormentato brandello di post covid, è il downshifting di cuochi e ristoratori: c’è voglia di semplicità dopo i voli pindarici e la competizione esasperata degli ultimi decenni, a suon di ranking beffardi e mezzi punti esiziali. E la tendenza non risparmia gli stellati, anche loro desiderosi di toccare nuovamente terra, come nei giochi da bambini. Più tempo per se stessi e per le proprie famiglie, meno cerebralità e più convivio a tavola, senza selezioni di troppo per censo. Lo abbiamo già visto con il Marconi dei sempre ottimi fratelli Mazzucchelli, trasformato in pizzeria gourmet, e con l’ennesima giravolta di Scabin, convolato al mercato di Porta Palazzo; ma continueremo a vederlo in giro.

Oggi è il turno di Antonella Ricci e Vinod Sookar, i due volti sempre sorridenti di un’autentica istituzione della cucina pugliese: il Fornello da Ricci. Fondato nel 1966 dai genitori Dora e Angelo, inizialmente era un’osteria senza troppe pretese nelle campagne del Brindisino, incentrata sul totem del “fornello”, spiedo verticale a carbone vegetale tipico della zona. Anche Angelo, a quei tempi, voleva cambiare vita: la sua famiglia veniva dalle cave di pietra, ma lui si era stancato di respirare polveri. Meglio far leva sul talento naturale della madre e della moglie, cuoca autodidatta straordinaria, capace a sorpresa di conquistare la stella nei primi anni ’90. Di fatto è la più antica in regione, sebbene sia stata sospesa per le recenti chiusure.

Confrontata alla sfida di incalzanti emergenze, la seconda generazione di Antonella e Vinod ha aguzzato l’ingegno. “Abbiamo fatto di necessità virtù”, racconta Antonella, volto bello e noto anche della televisione. “Durante il covid ci siamo interrogati sul da farsi e abbiamo capito che c’era bisogno di una ristorazione trasversale, oltre quella ordinaria che abbiamo sempre praticato. Abbiamo così iniziato le nostre cene a domicilio, inizialmente con grande affanno, poi si è innescato un boom di esperienze, grazie al quale abbiamo conosciuto bellissime persone. Abbiamo cambiato nome in ‘Antonella Ricci – Vinod Sookar’ e praticato il delivery. Ed è arrivata la proposta di questi investitori. A noi le opportunità non erano mai mancate; una volta eravamo sul punto di firmare un contratto a Dubai, ma non se ne fece nulla, perché le cose a Ceglie andavano a gonfie vele e le bimbe erano ancora piccole. Così ci siamo messi a tavolino e abbiamo studiato questo format. Ma non abbiamo certo lasciato la Puglia, dove continuiamo a fare eventi e matrimoni. Piuttosto io e Vinod ci diamo il cambio”.

Per la coppia in un certo senso è un ritorno alle origini. “Trent’anni di stella sono bastati: oggi vogliamo far stare bene gli ospiti nella semplicità, aiutando tante famiglie ad andare avanti”, sintetizza Antonella, che però non esclude il rilancio della casa madre appena sarà possibile. La location della nuova Ricci Osteria è nel centro di Milano, capitale gastronomica d’Italia, al civico 27 di via Sottocorno. Ed è un ambiente fresco, giovane, dove Antonella e Vinod, strano a dirsi per dei Jeunes Restaurateurs, fanno la figura dei senior. L’intento è quello di evocare le atmosfere di una masseria pugliese, puntando sul verde degli alberi di ulivo e sul ruggine della terra, con arredi in corten e legno punteggiati da ceramiche di Enza Fasano.

Insieme alla coppia, in questa nuova avventura, i soci Marco Postiglione e Massimiliano Paradisi, direttore di sala; quale resident chef Francesco Bordone, che per tanti anni è stato fra i collaboratori a Ceglie e padroneggia senza esitazioni i sapori mediterranei. La scelta è stata quella di una carta agile, che porta l’ospite in viaggio per la Puglia: su tutto le orecchiette fatte a mano ai tre pomodori, i laganari con datterino giallo e crostacei, il tagliere di salumi e formaggi pugliesi (Vinod è fra l’altro maestro affinatore di capocollo), gli antipasti misti caldi e freddi, secondo il mercato, le bombette di maiale, l’agnello arrosto, le strepitose fave essiccate al sole con verdura di stagione e l’insalata di coltivazione propria dai campi di Ceglie. Non senza qualche tocco fusion firmato Vinod; manca invece, ahimè, il fornello, a causa di vincoli strutturali insormontabili.

Capitolo materie prime, l’olio arriva dal frantoio Muraglia, mentre nella carta dei vini spiccano Felline e Varvaglione 1921. Ma sono pugliesi anche i distillati, come il Gin Muma di Cerignola, da botaniche mediterranee e acqua di mare, e l’Altamura Vodka, da grano duro autoctono. Amichevole lo scontrino medio, intorno ai 50 euro per un know-how da stellati.

Tartare di vitello condita con salsa Pimà erbe aromatiche e insalatina di asparagi

 

Ingredienti per 4 persone

400 gr di scamone di vitello

20 ml di acqua frizzante

10 ml di salsa Pimà

20 ml di olio extravergine di oliva Muraglia

15 asparagi medi puliti

Timo, origano fresco

Sale di Maldon

Sale e pepe

Procedimento

Pulire gli asparagi, sbollentarne metà per 4 minuti, passarli in acqua e ghiaccio e separare le punte dai gambi.

Dall’altra metà ricavare dei nastri con un pelapatate e lasciarli in acqua e ghiaccio per 10 minuti, tamponarli e condirli con sale, pepe, olio ed erbe aromatiche.

Frullare i gambi con sale, olio e un po’ di acqua fredda.

Tagliare il pezzo di scamone a punta di coltello, mettere la tartare ottenuta in una ciotola con acqua frizzante, salsa Pimà e un filo d’olio e lasciare in frigo coprendo con pellicola per 10 minuti.

Sistemare la tartare in uno stampo quadrato su un piatto, salare con sale di Maldon, unire le differenti consistenze di asparagi e servire con erbe aromatiche.

La salsa Pimà è una crema di lemon snack e peperoncino, ideata da chef Vinod Sookar, messa in vasetto dall’azienda Spina Sapori di Puglia, specializzata in prodotti agroalimentare e conserve.

 

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