Tra semafori, rotonde spartitraffico, e attraversamenti di popolosi centri abitati e di quartieri industriali, la strada che da Taranto porta a Manduria può comportare tempi incredibilmente lunghi a confronto della distanza oggettiva. Eppure, una volta raggiunta la meta, ogni residua sensazione di stanchezza o di fastidio svanisce come per incanto. Ed è doveroso riconoscere che il merito del prodigioso effetto va interamente attribuito alla struttura della Masseria del Sale, che con il suo possente muro di cinta riesce a creare una sorta di oasi felice, impenetrabile dalla realtà esterna e dolcemente rassicurante. Prevale infatti il verde di un rigoglioso giardino, e l’ampia corte dispone di tanto spazio per eventi all’aperto, o semplicemente per i tavoli che accolgono gli ospiti in occasione delle cene estive sotto le stelle.
La stessa corte che è dominata dal magnifico loggiato dell’antica residenza nobiliare, mentre all’interno la sala da pranzo del ristorante è ricavata negli ambienti che erano destinati alle originarie stalle. Qui regna un’atmosfera comunque molto suggestiva, tra le volte basse e protettive, e l’angolo salotto con camino, che fa pensare a una confortevole dimora d’epoca. E con il valore aggiunto del bancone del bar e del piccolo punto vendita con tante prelibatezze in esposizione (come la giardiniera di verdure dell’orto, e le bottigliette con i cocktail già pronti).
In realtà siamo a casa di Andrea Lippi e Simona Fusco, che mettono a disposizione della vasta clientela le loro specifiche competenze. Non a caso l’apertura è affidata ai drink, di cui è esperta Simona, ottimi per accompagnare le fave fritte, una fragrante focaccina al pomodoro, o i tacos con ricotta e capocollo di Faeto. Per poi proseguire con le proposte dello chef Alessandro Sammarco, che sa realizzare le sue valide idee con una personale coerenza di stile culinario. Il fascinoso tris di tartare è infatti solo l’esordio di un convincente percorso, che continua con il meraviglioso uovo fritto su fave, piselli e punte di asparagi, resi cremosi dal sapiente impiego del ristretto dei gambi degli stessi asparagi. Così come un fondo dei loro gambi inumidisce i carciofi alla giudia con crema di patate. Il tutto puntualmente scandito dalla selezione enologica curata da Andrea, navigato ristoratore e bravo sommelier, sempre alla ricerca di interessanti etichette di nicchia in ambito nazionale e internazionale da abbinare ai diversi piatti. Compresi i primi e i secondi, comunque sensati, senza fronzoli e saporiti. Dalle orecchiette con pancia di maiale nero, fave fresche, asparagi e pecorino, e dal risotto al primitivo con barbabietola e formaggio; fino al perfetto equilibrio del diaframma di vitello con piselli freschi e secchi, salsa di acciughe e capperi e salsa allo zafferano. Sul versante ittico si distinguono i paccheri al ragù di triglie e finocchietto selvatico, oltre al trancio di dentice con polenta fritta e cicoria ripassata al pomodoro. Meritano un applauso anche il pane e l’olio della casa.