La primavera inizia il 21 marzo, ma quasi mai le temperature si innalzano così presto e facciamo fatica a liberarci dagli abiti pesanti che ci hanno protetto dal freddo durante tutto l’inverno.
Però, quando la Pasqua arriva in aprile, la cosiddetta Pasqua alta, la voglia di spogliarsi spesso coincide proprio in questo periodo nel quale il sole comincia a scaldare con maggior frequenza e convinzione.
Si fanno le prime passeggiate in campagna, che comincia ad esplodere di colori, oppure al mare che, baciato da una luce più decisa, comincia a donare le sue bellissime sfumature di verde e di azzurro, con la possibilità di passarvi qualche ora per cominciare ad abbronzarsi al primo vero tepore primaverile.
Alcuni anni fa mi è capitato – non lo scorderò mai – di partire da Bari in aereo alla volta di Verona per il Vinitaly, con un abbigliamento pesantemente invernale, maglione di lana, sciarpa e giaccone pesante, in quanto le temperature erano ancora molto rigide, e di ritrovarmi a destinazione con un caldo anomalo che mi costrinse a rimanere in maniche di camicia appena fuori dall’aeroporto.
Sceso dal pullman che mi portò in città, mi accorsi con sgomento di aver dimenticato il giaccone sul sedile senza la possibilità di recuperarlo.
Anche quest’anno sembra che la stagione stia andando così. Nonostante la Puglia sia una delle regioni più calde d’Italia, l’inverno sta dando gli ultimi colpi di coda, la primavera non si è ancora affacciata e, chissà, forse lo farà proprio in questi giorni.
Tra pochissimo, infatti, sarà Pasqua, e tutti ci auguriamo che sia diversa da quella degli ultimi due anni, per tanti motivi. Soprattutto perché avremo una maggior libertà rispetto alla pandemia che ci ha attanagliato e ancora ci attanaglia, ma anche perché, appunto, ci si aspetta la vera esplosione della primavera.
Dal punto di vista gastronomico la Pasqua a Bari è meno impegnativa del Natale ma, sotto alcuni aspetti molto simile.
Per il Natale, i primi di dicembre si comincia la preparazione dei dolci che accompagneranno tutto il lungo periodo, mentre per la Pasqua il tutto si esaurisce nell’arco di una settimana, la cosiddetta Settimana Santa.
Il dolce casalingo più tipico è la scarcella, che mia nonna e mia madre preparavano impastando farina, latte, uova, zucchero, cremor tartaro o bicarbonato e dando a quell’impasto una forma di ciambella sulla quale mettevano alcune uova sode ingabbiate da una croce dello stesso impasto. Le cuocevano in forno e, una volta raffreddate, le ricoprivano di bianco d’uovo montato e zuccherato, decorandole con codette e confettini colorati. Nel tempo, mia madre si specializzò anche in altre forme, come coniglietti, cestini, colombe, campane e pecorelle, sostituendo le tradizionali uova sode con ovetti di cioccolato.
La scarcella era il dolce che accompagnava tutta la settimana e, di solito si esauriva a Pasquetta.
Nella Settimana Santa, poco prima di dedicarsi alla due giorni gastronomica, si partecipa alle processioni del Venerdì Santo, quella dei Misteri e della Madonna Addolorata.
Quest’ultima, quand’ero piccolo (ma pure oggi) mi metteva una grande ansia. Vedere questa statua dal volto triste, pallido ed emaciato ondeggiare al ritmo della musica da marcia funebre creava in me un senso di angoscia e io a quella processione proprio non ci volevo (e non ci voglio tuttora) andare. Ma, obtorto collo, mi ci portavano lo stesso.
Il giorno di Pasqua dovrebbe essere il giorno in cui, usciti dalle restrizioni dei quaranta giorni della Quaresima, si torna a banchettare alla grande.
Il pranzo tipico prevede il tipico antipasto chiamato “Benedetto” formato da carciofi fritti, sopressata, fette d’arancia, olive in acqua, ricotta, mozzarella e uova sode, queste ultime simbolo di rinascita e di fertilità, di solito colorate e decorate dai bambini. Il suo nome deriva dal fatto che si utilizzava il ramoscello d’ulivo benedetto nella domenica delle Palme per benedire con l’acqua santa la tavola di Pasqua.
Prima di iniziare il pranzo tradizione vuole che si faccia un giochetto proprio con le uova. Ognuno, impugnando il suo, deve urtare quello di un altro commensale e chi dei due rimarrà con l’uovo sano potrà togliere quello rotto all’avversario. Il gioco continuerà finché un solo uovo rimarrà intero.
Dopo il Benedetto, si passa al primo piatto composto sempre da maccheroni, solitamente al forno, preparati in grandi quantità. Quindi il classico timballo, oppure lasagne e cannelloni, seguiti dall’agnello o capretto al forno con patate, eventualmente fritte se più gradite. A seguire non possono mancare i “sopatàue”, cioè le verdure crude come cime di cicoria, finocchi, carote, cavolo rapa, sedano, ravanelli e fave “de quìzze” (fave novelle) e, poi, un bel cesto di frutta di stagione.
Il finale dolce è la classica colomba, le scarcelle, i taralli con lo zucchero e, usanza molto più recente importata dalla vicina Campania, la pastiera napoletana di grano.
I bambini finalmente hanno il permesso di rompere le uova di cioccolato, sia per gustarle che per recuperare la sorpresa. Non mancano i rosoli fatti in casa, come limoncello, mandarino e alloro.
Il Lunedì dell’Angelo, comunemente chiamato Pasquetta, spesso si fa fuori porta e ci si organizza per un picnic all’aperto, motivo per cui la pasta del giorno prima si fa sempre in quantità maggiore proprio perché torna comoda, insieme ad altre preparazioni sulle quali ci si mette d’accordo con gli amici e i parenti.
Il menù del picnic per questo motivo è un po’ più legato al caso e alle preferenze di chi collaborerà nella preparazione con le proprie specialità e i propri cavalli di battaglia, condizionato anche un po’ dal luogo stesso.
Infatti se la scampagnata si svolgerà lungo la costa, facilmente nel menù ci saranno anche i ricci aperti e accompagnati da ottimo pane, se ci si sarà muniti di “fornacella” non mancherà l’agnello alla brace.
Chi rimane a casa, invece, non potrà non gustare il Verdetto (u verdètte), il più tipico tra i piatti di Pasquetta.
Si tratta di agnello cotto insieme a piselli e uova strapazzate all’interno della minestra, che sarà il piatto forte, insieme all’immancabile agnello alla brace. Il resto sarà ancora ciò che già si è mangiato il giorno prima, le immancabili verdure, la frutta, i dolci e, per aiutare la digestione, i rosoli.
Che, in verità, non l’aiutano proprio, ma che male c’è a crederci?