Gionathan è la terza generazione dell’azienda Mieli Papagna di Manfredonia.
«Il miele è l’unico alimento che non subisce trasformazioni fisiche né chimiche: arriva tal quale dall’arnia alla tavola». Con queste parole, Gionathan Papagna, 30 anni, terza generazione di produttori di Manfredonia, mette in evidenza un’importante verità: del miele sappiamo poco o nulla. Da quando nonno Libero, nel lontano 1957, ha iniziato a produrlo per uso familiare e domestico, a latere della produzione agricola seminativa di cerealicoltura, il miele si è innestato nel Dna dei Papagna.
Nomadi per amore
Anche se la base operativa è a Manfredonia, quello dell’apicoltore è un mestiere nomade. Le api hanno bisogno di stare in posti dove ci siano fiori. Così si parte, arnie al seguito, alla ricerca delle varie fioriture, tra Gargano e l’intera Puglia, Campania, Molise e Basilicata compresi. Anche perché fiori diversi, mieli diversi. Ad esempio, mentre parliamo con Gionathan, le api sono tra Mattinata e Vieste perché c’è la fioritura del rosmarino. «Dal punto in cui è l’alveare, l’ape percorre 3-4 km di raggio per raccogliere nettare, coprendo una distanza di circa 2 mila ettari. Poi ci si sposta dove fioriscono gli agrumi. Di notte, l’apicoltore sposta tutte le arnie, dove si trovano tutte le api, le sposta e le scarica, rimettendole in libertà. Una volta sul posto, capiranno che c’è un’altra fioritura e cercheranno altro nettare».
Al suo interno, l’arnia ha diversi moduli. Quelli superiori sono i favi, dove le api stoccano il surplus del miele prodotto. Al termine della fioritura vengono presi per estrarre il miele in purezza. Prima di trasportare le api verso la fioritura successiva, i moduli vengono estratti e svuotati, ma non tutti. Bisogna pur sempre lasciare una parte di cibo alle “lavoratrici”. L’apicoltore prende i telai li mette in uno smielatore e per centrifuga a freddo viene estratto il miele. Una volta estratto fino all’invasettamento, il miele subisce solo il trasporto e la centrifuga a freddo. Poi viene messo in cisterne a maturare e decantare. Le piccole bolle d’aria originate dalla centrifuga salgano a galla e poi rimosse. Ed ecco che il miele è pronto per essere mangiato.
Passione Gargano
Mieli Papagna libera le sue api anche nel Parco Nazionale del Gargano, un ambiente a cui la famiglia è legata. «Mio nonno è originario di Montesantangelo e quindi conosce bene la zona. In più, dal punto di vista naturalistico, paesaggistico e di habitat è una delle zone, se non la zona, che pur non essendo rigogliosa, offre una grande varietà di fioriture, ambienti e biodiversità dalla primavera all’estate inoltrata. La parte più collinare e pianeggiante, quella che va verso il mare a nord e a sud, offre un ambiente caldo, ricco di fiori di rosmarino, anticipata rispetto ad altre fioriture della zona. «Grazie all’Osservatorio nazionale del miele realizzato con l’Università di Bologna, abbiamo scoperto che mettere le api a contatto con questa fioritura gli permette di interrompere il digiuno invernale un po’ prima». Gli areali selvaggi, abbandonati alla natura, permette alle api di vivere in un ambiente incontaminato, producendo miele di qualità superiore.
Pericolosa rivoluzione climatica
No, non si tratta solo di non farsi pungere. La più grande criticità contemporanea per un apicoltore è il clima. «Negli ultimi 20 anni la stagionalità si è ribaltata: gli inverni sono miti, le primavere portano gelate e le estati sono molto secche e poco piovose. La difficoltà è che il fiore appare una volta l’anno e, persa quell’occasione, bisognerà aspettare 12 mesi per riprovarci. Bisogna permettere alle api di sopravvivere e all’apicoltore di produrre miele. Se il clima è questo, siamo spalle al muro». Ma una soluzione c’è: rincorrere il cambiamento stagionale. «Mentre prima, su 10 moduli, se ne prelevavano 8, ora si pensa più al benessere delle api, prelevando appena 3-4 moduli. Abbiamo abbandonato alcuni areali, devastati da colture intensive e pesticidi che, per inciso, non finiscono mai nel miele perché l’ape la uccidono prima».
Adotta un’arnia
Una delle missioni di Miele Papagna è educare il consumatore a distinguere il miele puro e naturale, prodotto interamente in Italia, da quelli importati, spesso contaminati, privi delle loro proprietà nutraceutiche e talvolta nocivi. Del resto, sul miele c’è poca cultura, anche se personalità come il compianto Andrea Paternoster hanno fatto di questo prodotto un vessillo di protesta, per svegliare le persone e costringerle a guardare ai danni che stanno facendo alla natura. Ma, tolti questi pochi esempi virtuosi, pensiamo al miele in associazione al latte e solo se abbiamo mal di gola. Questa ignoranza di fondo «porta il consumatore a sminuire il valore del miele e quindi a trattarlo come qualsiasi alimento. Attratti da un costo più basso, si va verso prodotti alterati chimicamente, fatti con acidi di mais, zuccheri e altre produzioni di laboratorio, con proprietà curative nulle».
Per questo l’azienda ha proposto il progetto From Bee to You | #AdottaUnArnia : si può adottare una famiglia di api Mieli Papagna, ricevendo direttamente a casa il miele prodotto delle “operaie” adottate. È possibile contribuire all’adozione di un’arnia per un periodo di 4 oppure di 8 mesi. Il contributo varia da 49 a 98 euro ed equivale alla percentuale dei costi annuali di mantenimento di un’arnia. All’acquisto verrà inviata subito la prima box ed in seguito le altre, per un totale di, rispettivamente, tre e quattro confezioni di pregiati prodotti – tra cui miele, ma anche polline e cera d’api – provenienti dagli alveari Mieli Papagna.
Come riconoscere un buon miele
«Prima di tutto leggiamo bene l’etichetta, che contiene tante indicazioni importanti – spiega Gionathan – Il miele prodotto interamente in Italia è sottoposto a leggi molto stringenti: difficile dunque trovare prodotti italiani contraffatti. Poi, scegliere prodotto più locale possibile, possibilmente di una fascia di prezzo alta. Guardiamo i vasetti: il miele con consistenza molto fluida, quasi acquosa è di scarsa qualità o difettato. Deve essere viscoso, con densità più cremosa e pastosa. Se si ha la possibilità di provarlo, l’assaggio deve dare un’ampia gamma di odori e sapori distinguibili».
Oggi Mieli Papagna è il riassunto di tre vite dedicate alle api: quella di Libero, oggi 85 anni, Michele, 55 anni, e Gionathan, 30 anni. Lavorano “protetti” dal Gargano, una delle terre più affascinanti ma penalizzate nella comunicazione turistica in Puglia. Secondo Gionathan un modo per ripartire e ridare luce a questo territorio c’è: accoglienza, gestione delle strutture turistiche più attrattive e cambio di mentalità. «Il cliente che dobbiamo portare sul Gargano non deve essere un turista di passaggio, ma qualcuno che arrivi a sentirsi letteralmente coinvolto nella cura dell’ospite».