Se gli occhi sono lo specchio dell’anima, l’anima delle donne e dei bimbi ucraini arrivati in Puglia racconta paura e disorientamento. Sono occhi gonfi di lacrime e stanchezza che cercano un senso in una vita che ora un senso non ce l’ha. Le mani di quei piccoli sfiorano dai vetri dei pullman quelle dei loro padri costretti a restare in patria per combattere una guerra che non hanno voluto. Come tutte le guerre a perdere sono tutti e in questa guerra sono soprattutto i bambini ad aver pagato il prezzo più alto. La solidarietà si è mossa sin dai primi giorni dell’inizio di questo conflitto, cercando con gesti semplici e umani di alleviare la sofferenza di quel destino dal volto crudele. Giuseppe Francavilla, presidente dell’associazione culturale “Il Carro dei Guitti” insieme alla Croce Bianca di Trani è stato uno tra i primi a mobilitarsi per questa missione di pace. Erano partiti in pochi e oggi quest’esercito chiamato “i soldati di pace” conta più di trenta persone pronte a dare un supporto concreto a questi profughi arrivati in Puglia.
Cosa ti ha spinto a organizzare una raccolta di aiuti per la popolazione ucraina?
Tutto è nato con l’inizio di questa guerra, ascoltare le notizie che si susseguivano mi ha fatto fermare a pensare per capire in che modo avessi potuto contribuire. Seguendo la scia di una mia amica abbiamo messo in atto una vera e propria operosa sinergia tra la mia associazione e la Croce Bianca di Trani, che ha messo a disposizione i propri spazi per raccogliere tutto ciò che potesse servire alla popolazione ucraina. Nel giro di pochissimo siamo stati riempiti di abbigliamento invernale, coperte, prodotti sanitari e di assorbenti, che vengono anche usati all’interno delle scarpe degli uomini impegnati al fronte per assorbire il ghiaccio. Ovviamente anche tanto cibo in scatola, che può essere facilmente consumato per chi è impegnato nei combattimenti e tantissimi prodotti per bambini. Il primo carico è stato spedito i primi di marzo, tutto è stato consegnato all’associazione Italia-Ucraina di Puglia e Basilicata di Bari. Nel frattempo abbiamo pensato di lasciare qui gli altri beni di prima necessità perché sarebbero stati utili per i primi profughi arrivati da noi.
Avete destinato una parte dei ricavi del vostro spettacolo teatrale alle famiglie ucraine arrivate qui in Puglia, quali sono i sentimenti di queste persone?
Leggi nei loro occhi il terrore, sono persone di poche parole e quando ricevono i nostri aiuti ti rendi conto che stai facendo la cosa giusta.
Come ha risposto il popolo pugliese a questa chiamata di solidarietà?
Non mi aspettavo una risposta così importante, appena aprivamo il portone della Croce Bianca trovavamo già fuori tantissimi pacchi e buste piene di aiuti. Per il momento abbiamo sospeso la raccolta, che riprenderemo più in là per concentrarci sulle famiglie di profughi appena arrivate da noi. Il nostro supporto serve a semplificare degli iter burocratici senza creare alternative o mettendoci in contrapposizione con le istituzioni, chiunque arrivi qui è a conoscenza delle pratiche di registrazione da dover fare in Questura e ai centri sanitari per la questione legata al Covid.
Quali sono le famiglie che offrono ospitalità?
Chi accoglie generalmente è il classico nucleo familiare di quarantenni con figli, ma ci sono anche richieste da parte di pensionati, che non avendo più i figli a casa hanno più spazio a disposizione per poter ospitare. Le famiglie arrivate a Trani e Andria sono principalmente mamme con bambini.
Siete sempre impegnati con l’associazione culturale Il Carro dei Guitti verso i più deboli, questa è una delle missioni del vostro fare teatro?
L’abbiamo scritto nel nostro statuto ed è uno dei nostri principi fondanti quello di essere vicini ai più deboli. Il teatro è una forma d’arte che può offrire un sorriso, uno spunto di riflessione e anche un gesto di solidarietà.
Ci puoi raccontare le storie che maggiormente ti hanno colpito?
Le storie sono tante e raccontano del coraggio che si mescola alla disperazione che permette di compiere gesti che vanno oltre la realtà. In questi giorni ho capito che il popolo ucraino è fortemente nazionalista, anche qualche donna si è arruolata insieme agli uomini per difendere il proprio Paese. C’è la signora Maria che ha lasciato lì suo figlio, che si è arruolato come volontario erano giorni che non riusciva a mettersi in contatto con lui, finalmente ci è riuscita e ora sta cercando di portare le sue nipotine qui da noi. Poi c’è la storia di un’altra donna che sente piangere suo figlio, rimasto a Leopoli, che ha paura delle bombe. Sempre nel nostro gruppo mi ha colpito il coraggio di una donna, che sta facendo il viaggio al contrario e in queste ore con un pullman sta raggiungendo Zaporija, al centro dell’Ucraina, per andare a riprendersi le nipotine. Mi ha detto: “I campi sono pieni di mine e c’è il rischio di saltare per aria”. Sono storie che ti coinvolgono in un dolore senza fine.
Da padre e uomo cosa ti auguri per il futuro?
Devo fare un’amara constatazione che la storia non ci ha insegnato nulla perché è davvero anacronistico parlare di guerra nel 2022. Il futuro non lo riesco a vedere roseo, stiamo lasciando ai nostri figli un mondo un po’ traballante, mi auguro che loro riescano a imparare dalle colpe dei loro padri e dei loro nonni e possano vivere in un mondo più pulito e più onesto, considerando che sono parte di un unico genere umano.