La vita è imprevedibile e spesso incomprensibile, la storia di Fabiana Barulli lo testimonia. L’unione di una famiglia che il destino ha interrotto per sempre e la forza di una donna, che cerca, nonostante tutto, di portare avanti la cantina nel ricordo eterno di suo padre e di suo fratello. Il dolore l’ha cambiata, rendendola più forte e determinata in quello che è il suo compito. Oggi l’azienda agricola Fabiana dal Salento continua a produrre vini la cui anima rispecchia il territorio d’appartenenza, ricordando nel suo nome il coraggio di una donna che non si è arresa ed è andata avanti. La stessa Fabiana ci conferma: “Non è un caso che l’azienda abbia il mio nome. Mio padre mi definiva una selvaggia, ho vissuto molto fuori, lui ci teneva tanto a me, ma non lo dava mai a vedere. Ha sempre avuto un occhio particolare nei miei riguardi, mi “decantava” davanti a tutti anche con persone che io non conoscevo”.
Qual è l’assetto odierno della cantina?
Ci sono stati dei cambiamenti da ottobre scorso, a causa della tragica scomparsa di mio fratello. La cantina è nata da un desiderio condiviso dei miei genitori; poi io e mio fratello ci eravamo divisi i compiti, lui alla parte produttiva, enologia, i reimpianti e gli allevamenti dei vigneti e io alla parte manageriale, amministrativa, contabile e tutto il comparto della comunicazione; con mio padre come super visore. A gennaio 2021 mio padre è venuto a mancare e pertanto sempre in completa autonomia e con i suggerimenti che ci ha dato, con mio fratello abbiamo mantenuto l’equilibrio; fino alla sua scomparsa, avvenuta a ottobre 2021. Da quel momento tutto è sulle mie spalle, non ho avuto scelta, seguo come supervisore le operazioni in campagna, continuando a mantenere il ruolo ed i compiti nel comparto amministrativo e contabile.
Questo è un anno di “transizione” per capire tutte le procedure e le operazioni che la vigna richiede, di cui prima si occupava interamente Michele, dandomi tanta certezza. Adesso devo soprattutto vincere la reticenza della gente, ovvero molta persone del mio territorio non mi conoscono, in quanto ho vissuto per molto tempo fuori e pensano che non abbia le capacità in quanto ho studiato altro. Invece io sono figlia della campagna ed ho fatto miei i valori del sacrifico, dell’attesa e della speranza di un raccolto. Adesso devo occuparmi anche della burocrazia del vigneto, pratiche per il biologico in primis, c’è tanto da fare. Nella sfortuna ho avuto la fortuna di poter contare su un team valido, che segue gli insegnamenti dati dai miei cari, loro sono la mia famiglia e oggi più di prima. Chiacchieriamo di cose personali, pranziamo tutti insieme la domenica con le loro famiglie ed io mi fido di loro. I litigi e le discussioni avute con mio padre mi hanno resa la donna di oggi.
Dove hai trovato la forza per portare avanti il sogno della tua famiglia?
Con lo stesso spirito che mi ha innestato papà prima e Michele dopo, sono una “capatosta” e a breve estenderò il vigneto di altri sei ettari, tutti a Primitivo, il vino della mia terra; non mi interessa la moda ed il business, devo portare avanti l’idea della mia famiglia, raccontare, attraverso il vino, il mio territorio. Non provo invidia verso nessuno, questo me l’ha insegnato papà, sarà il cliente, che assaggiando una mia bottiglia giudicherà se sono più o meno brava rispetto a qualcun altro.
Sei volata a New York per aprire personalmente il mercato estero, ci racconti di quell’esperienza?
In America mi sono trovata spaesata ed ero un numero. Ho iniziato a parlare della mia famiglia e da dove venivo ed ho cercato di trasmettere i nostri valori per raccontare la mia terra e i nostri vini.
Ho rappresentato la Puglia al Consolato di Philadelphia ed all’Ambasciata di New York, in quanto vivevo qui. Gli americani non conoscevano i vini pugliesi e da brava “capatosta”, anche se non parlavo inglese giravo per le strade di New York con zaino in spalla e le mie bottiglie di vino, appena trovavo un ristorante con l’insegna in italiano entravo e raccontavo della mia terra e della mia azienda. È stato emozionante vedere le mie bottiglie sulle tavole degli americani. La domenica spesso cucinavo nelle loro case, portando a volte dei cuochi pugliesi che vivevano lì, preparando per loro piatti pugliesi. È stato un onore poter raccontare della mia famiglia, del nostro lavoro in vigna e in cantina. Alla fine per far capire bene dove si trovasse la Puglia e da dove venissi ho riprodotto la cartina sulle mie etichette. Sono rientrata in Italia a dicembre 2020 e stavo per aprire una trattoria pugliese, ho seguito diversi progetti imprenditoriali e la sera lavoravo nei ristoranti pugliesi per apprendere la lingua e la loro cultura, il loro pensiero; per trasmettere loro anche lo spirito pugliese.
Potresti lasciarci un ricordo di tuo fratello?
Michele era ed è presente sempre in vigna, lo vedo dal modo di pensare e agire dei miei collaboratori, i quali hanno perfettamente compreso il suo pensiero filosofico e agronomico che era anche quello di mio padre. Certo pesa l’assenza fisica, ma la sua presenza la percepiamo tutti, devo essere forte e trasmettere sicurezza alla mia squadra. Io mi confronto spesso con il mio team ed ho raggiunto ed acquisito la stessa consapevolezza che aveva mio padre e Michele. Alcuni imitano addirittura Michele, gli viene naturale e semplice dire: “facciamo come Michele o Michele avrebbe fatto cosi”.