La zampina e lo zampino, pochi chilometri dividono la salsiccia più famosa di Puglia

Chi in Puglia, ma anche fuori regione, non ha mai sentito parlare della zampina?

Certamente quasi nessuno, tanto famosa è ormai la salsiccia arrotolata a spirale, tipica delle macellerie di Sammichele di Bari, ma ormai facilmente reperibile quasi ovunque in provincia di Bari e anche oltre. Nel mese di settembre, si svolge la sagra della zampina, e le macellerie locali ne arrostiscono quintali perpetrando la tradizione del “fornello pronto”, cioè la cottura alla brace di carbone delle carni che il cliente sceglie direttamente al banco, per poi gustarle direttamente in loco, appena preparate.

La zampina è fatta prevalentemente di carni bovine impastate con sale, pepe, pomodoro, basilico fresco e formaggio pecorino locale, insaccate in budello naturale. La salsiccia ottenuta viene poi avvolta a spirale e infilzata su uno spiedo in legno.

Nell’impasto anticamente si utilizzava, al posto del basilico, il timo selvatico, chiamato in dialetto sarapùd, l’impasto poteva contenere una piccola parte di carne ovina e non si metteva il pomodoro che, pare, sia stato inserito nel periodo della prima guerra mondiale. Si racconta che il termine zampina sia dovuto al sostegno dello spiedo, appunto così chiamato, termine passato poi, per errore, alla salsiccia. Infatti, mentre il pastore preparava la brace di legna di fragno, il signore gli disse di mettere il sostegno, la zampina appunto, al posto giusto per fare una cottura a regola d’arte. Il pastore capì che zampina era il nome di quella sottile salsiccia e così la chiamò spiegandone la ricetta alla moglie e a tutti gli altri a cui la fece assaggiare.

A soli 13 km di distanza da Sammichele di Bari c’è la città di Gioia del Colle, sempre nella Murgia barese.  A Gioia, meno conosciuto, ma altrettanto buono e, forse, più aristocratico, si prepara lo zampino, una salsiccetta di 5, massimo 10 cm, insaccata in budello naturale di montone.

Conosciuta sin dal 1700 e poi caduta nel dimenticatoio, alcuni anni fa è stata portata all’attenzione dell’Accademia Italiana Gastronomia Storica da parte di Filippo Addabbo, prefetto per la Puglia della prestigiosa accademia e titolare della storica macelleria “Addabbo dal 1931” di Gioia del Colle.

Perché aristocratica? Perché il suo impasto è fatto di soli tagli pregiati di carni bovine e suine (ventresca, polpa di coscia e di spalla) in percentuale del 60 e 30%, mentre il restante 10% era di carne di pecora, che oggi, però, si tende a non utilizzare a causa del forte sapore, non sempre gradito. Sale, pepe, prezzemolo, basilico, aglio e poco pomodoro completano l’impasto. Lo zampino era servito sulle tavole delle famiglie più abbienti come “intrattenimento” tra il primo e il secondo, intrufolandosi tra le due portate e mettendoci, quindi – come si usa dire –  lo zampino.

Filippo Addabbo, che è un macellaio di grande competenza ed esperienza ha creato anche una versione secca della golosa salsiccia, trasformando lo zampino stagionato – così lo ha denominato – in un salume magro ma saporito e gradevolissimo al palato.

Figlio d’arte Filippo. Nel 1931 suo padre Francesco, lasciando la campagna, avviò l’attività di vendita nella città di Gioia del Colle con discreto successo, soprattutto se consideriamo che, a quei tempi, si riusciva a mangiare carne soltanto nei dì di festa. Poi arrivò la guerra e vennero anni non proprio facili in cui la gente passava dalla macelleria per rifocillarsi con il brodo caldo fatto dalle ossa e dai ritagli, con pane raffermo e tanto pepe, che il papà di Filippo vendeva a prezzi accessibili a tutti. Mimmo, il primogenito maschio, ben presto cominciò ad aiutare il papà nella macelleria, seguito a ruota da Filippo che, nel 1985, prese le redini dell’attività dando maggiore impulso all’attività del “Fornello pronto”.

Di fianco alla macelleria, Filippo Addabbo aprì al pubblico una sala che volle chiamare, appunto, “Lo Zampino”.

Chiusa la macelleria alcuni anni fa, il resto è storia recente e racconta di un Filippo Addabbo macellaio diventato oste, perché le sue specialità di carne le serve, insieme al giovane figlio Alessandro, nel suo ristorante “La Cicerchia”, su un fornello posizionato al centro del tavolo e accompagnate da patate e cipolle cotte sotto la cenere e ottimi vini.

Un consiglio? Chiedetegli lo zampino cotto nel vino primitivo, una vera golosità.

 

 

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