Si chiama “Eva Antropocene” la scultura forse più rappresentativa della poetica di Renzo Buttazzo. Alta due metri, la testa stilizzata di un serpente, il corpo di una donna, sinuoso e dalla texture plissettata ottenuta per sovrapposizione di falde orizzontali. La figura antropomorfa, legata al mito e alle Antiche Scritture, che raccontano di Eva sedotta da un rettile e di entrambi i nostri progenitori indotti al peccato originale da un serpente, sintetizza alla perfezione le linee guida dello scultore salentino: pulizia delle forme e studio del corpo umano e della natura.
Nel 1986 Buttazzo apre nella capitale del barocco leccese il primo laboratorio sperimentale per la lavorazione della pietra locale, che all’epoca veniva utilizzata per realizzare le cosiddette “chianche” dei marciapiedi (basole ndr). Come lui stesso racconta, in quegli anni a Lecce si faceva merchandising museale: si spingevano, anche a livello commerciale, le riproduzioni degli elementi decorativi tipici del barocco (putti, figure mitologiche, motivi floreali). Anche Buttazzo parte dalla pietra leccese perché è un materiale povero e facilmente reperibile. Ne ha scoperto la duttilità un giorno in cui “toccandola” con un banale cacciavite è riuscito ad estrarne un fiore. Da quel momento, sovvertendo completamente i canoni del barocco, inizia a lavorare a modo suo la petra, orientandosi verso un minimalismo fortemente ispirato alle forme naturali. “Petra“ sarà anche il nome del suo marchio che, a fine anni novanta del secolo scorso, si colloca già tra le eccellenze dell’artigianato, pronto a diventare un brand mondiale presente nelle gallerie d’arte di Milano, Parigi e Francoforte. Con la lampada “Scirocco“, 980 buchi nella pietra dai quali fuoriesce la luce, presentata nel ’96 alla Fiera di Todi, vince il premio per la miglior lavorazione del materiale lapideo del contemporaneo. Non solo oggetti d’arte ma pezzi di design con una funzione estetica e pratica precisa. “L’oggetto d’arte deve nutrire – dice Buttazzo – Tutti dovrebbero averne uno in casa. Per questo nelle mie gallerie ci sono sculture da diecimila euro e sculture da dieci euro. La bellezza è la sintesi del potere seduttivo e percettivo dell’arte, un’attrazione di cui spesso non riusciamo nemmeno a capire il motivo.” L’artista racconta come molti si siano aperti al mondo dell’arte durante il lockdown. In quel periodo ha ricevuto milioni di ordini da tutto il mondo, incrementando notevolmente il suo fatturato. D’altronde, secondo lui, la sospensione delle attività ha creato una situazione favorevole all’introspezione dell’artista, che ha cercato nei meandri della creatività una nuova ispirazione.
Entrando nel merito del canone estetico, ritroviamo nella produzione di Buttazzo due filoni principali: le figure geometriche, per loro natura più squadrate, e le figure dai contorni rotondeggianti. “Anche le forme geometriche sono arrotondate. – spiega – Basta guardare, a titolo esemplificativo, “Youg“: quell’ispirazione viene da uno studio fatto sui muretti a secco, per quel che riguarda la sovrapposizione dei moduli, e dagli anni settanta per la riproposizione del rettangolo replicato. Ci sono voluti dodici “studi” (sculture preparatorie ndr) per riuscire a rendere contemporanee le forme del territorio”. Le sculture bianche di Buttazzo, con il loro modo non invadente di condividere lo spazio con gli abitanti della casa, interrompono la continuità delle forme spigolose dell’arredamento. Nonostante le dimensioni spesso considerevoli, grazie alla capacità di accarezzare lo spazio e racchiuderlo nelle curve, producono una sensazione di acquietamento.
La sfida è cercare di capire come possono interagire gli altri materiali insieme al suo, così accosta in maniera sorprendente ferro, legno, marmo lavorati da altri artisti alla pietra. Detesta lavorare con le macchine. I suoi strumenti sono quelli tradizionali. Forte di un’identità territoriale precisa, ispirato dalla luce e da sua moglie, lo scultore dialoga con il mondo attraverso il suo sito Internet. Già nel 1996, infatti, il suo staff ha creato il primo dominio del marchio. Oggi ha quattro gallerie (Parigi, Cannes, Porto Cervo, Pantelleria) e collabora con una galleria di New York. Numerose le sue installazioni in ville e siti architettonici di rilievo.
Da qualche anno ha iniziato a gettare le basi per un progetto che gli sta molto a cuore: una scuola di formazione all’artigianato per ragazzi problematici dove si imparino, oltre a materie come l’inglese e il marketing digitale, anche i valori etici legati al lavoro manuale.