Gianni Sinesi, sommelier del “Reale” tre stelle Michelin si racconta tra vita privata e professionale

Gianni Sinesi, pugliese d’origine, di Barletta precisamente, da anni ha trovato in Abruzzo la sua casa professionale, il luogo che ha saputo formarlo e renderlo una tra i migliori sommelier d’Italia. Costanza, equilibrio e tanta determinazione queste le caratteristiche che gli hanno permesso  di crescere e di scalare anno dopo anno l’Olimpo della sommellerie. Il lavoro l’ha portato lontano da casa e dalla famiglia ma il legame con la Puglia è per lui indissolubile, uno stato d’animo che gli riempie il cuore.

Cosa ti ha spinto da adolescente a intraprendere la strada che hai fatto?

Ho iniziato con il mio papà all’età di dieci anni nel ristorante di famiglia a Barletta, portando timidamente acqua e pane ai tavoli. All’epoca studiavo pianoforte e all’età di 14 anni ho dovuto fare una scelta, iscrivermi al conservatorio o frequentare la scuola alberghiera. Decisi nonostante fossi un tipo attaccato alla famiglia, di andare a Roccaraso, nel migliore istituto alberghiero di allora, allontanandomi da casa.

Quali sono gli aspetti che ti hanno permesso di ottenere il successo che hai nel tuo lavoro?

All’inizio non sai cosa la vita ti riservi, inoltre quando sei piccolo sei più concentrato a capire e conoscere il lavoro, il mio sogno all’epoca era quello di fare il responsabile di sala. Quando mi trasferii a Roccaraso, nei fine settimana che non c’erano lezioni invece di tornare a casa, perché con il treno ci impiegavo otto ore, lavoravo per fare esperienza, avendo anche la soddisfazione di guadagnare dei soldi miei. Le “ossa” me le sono fatte a Riccione durante le stagioni estive, quando terminava il periodo scolastico, in quegli anni, ho imparato ad essere veloce e preciso nel servizio.

Allora il mondo delle Guide non era conosciuto, così come lo conosciamo oggi, e nei miei cinque anni di scuola, imparavi tutto del mondo della ristorazione tranne l’esistenza di varie guide di settore, di giornalisti e critici ritenuti importanti per la valutazione del ristorante e del servizio. Quando sei piccolo hai fame di tutto, del lavoro, del guadagno, della conoscenza e per fare questo hai bisogno di costanza e coerenza.

Dal 2004 fai parte della squadra di Niko e Cristiana Romito, sei cresciuto con loro professionalmente e credo anche umanamente, che significa questa esperienza per te?

 Significa molto perché inizialmente sposi un progetto che non è tuo e che con il tempo lo diventa. Niko e Cristiana già dal 2004 mi parlavano di guide e stelle Michelin, conoscendo sempre più questo mondo mi accorsi che mi piaceva e mi ispirava giorno per giorno. Per conoscere bene il vino, Niko mi consigliò di fare un’esperienza da Caino a Montemerano, la prima volta rifiutai perché mi parlavano di Maurizio Menichetti come un tipo burbero, non mi sentivo all’altezza, ma la seconda volta decisi di andare. Fu lì che mi appassionai al vino grazie al percorso intrapreso con Maurizio che ancor oggi definisco il mio maestro di vita e di vino.

Che vuol dire lavorare in un tre stelle Michelin?

 Sicuramente è impegnativo, sei sempre sotto pressione perché hai a che fare tutti i giorni con mille volti e devi essere sempre lucido, presente e sorridente. La gente viene da noi per vivere un’esperienza e deve esserlo a 360 gradi dall’accoglienza, alla sala e alla cucina. Si vive di sfumature e sensibilità, da un ristorante normale al tre stelle la differenza la fanno proprio i dettagli, è importante anche saper anticipare il cliente nelle sue richieste.

Ti occupi anche di formazione attraverso la scuola “Intrecci”, cosa rappresenta per te?

La formazione è un’altra componente importante che ti rimette in gioco, perché un conto è sapere, altra cosa è saper trasmettere. Raccontare la mia storia e vedere negli occhi dei ragazzi la gioia e la voglia di quello che vogliono diventare mi fa tornare indietro nel tempo rivedendomi in quegli sguardi. L’insegnamento è uno stimolo per restare sempre sul pezzo.  Vedo molti ragazzi del settore, anche all’inizio della loro carriera, che si “vendono” a volte come supereroi, quello che ci tengo a dire, e che non siamo supereroi e non stiamo salvando il mondo, portiamo avanti il nostro lavoro con serietà, facciamo parte di un bellissimo mondo, cerchiamo di non rovinarlo, e ricordiamoci che gli anni e l’esperienza fanno di noi persone di cultura.

Hai deciso di realizzare un vino, Impressioni, come mai questa scelta?

A un certo punto non ti basta più e quindi cerchi di fare qualcosa che faccia parlare di te, realizzando qualcosa che sia tuo e che trasmetta tutto ciò che l’esperienza ti ha insegnato, attraverso il tuo gusto e in quello che hai fatto negli anni. Tutti noi abbiamo le proprie impressioni E le mie parlano attraverso il vino. L’Abruzzo non ha bisogno di Gianni Sinesi per far parlare di sé però io ho voluto una mia interpretazione, realizzando un vino d’impatto, di facile beva, ma non scontato. Un po’ quello che fa Niko in cucina ma senza volermi paragonare a lui.

Il tuo lavoro è talmente totalizzante che toglie spazio alla tua vita privata, per te è così?

Esatto è così, ho sempre sognato di avere una vita privata più tranquilla. Nei miei giorni di riposo mi dedico a me stesso e alla mia famiglia perché è importante mantenere gli equilibri. Se si lavora troppo si rischia di sbilanciarsi e non lavorare bene.

Hai ottenuto tanti riconoscimenti importanti a cosa aspiri ancora?

I riconoscimenti ottenuti in questi anni come quello di Identità Golose, Gambero Rosso, Biwa, sono molto importanti perché danno ancor di più, valore a ciò che tu porti avanti con studio e ricerca, sono belle soddisfazioni. Il segreto è rimanere sempre con i piedi per terra. Aspiro a crescere nei prossimi anni con “Impressioni” un progetto interessante e stimolante per la mia vita professionale

A cinquanta anni che uomo ti vedi?

Intanto mi vedo al mare, se non in Puglia comunque in una città di mare, l’obiettivo è quello di ritagliare il giusto tempo per me per quella che sarà la mia famiglia e per il lavoro.

Hai detto che la Puglia è uno stato d’animo, cosa intendi?

La Puglia è uno stato d’animo, sarà che sono pugliese ma ogni volta che rientro in Puglia il cuore, mi esplode di gioia, come ad esempio passeggiare sul porto di Trani mi riempie la mente, mi rilassa e mi fa pensare. “Invidio” chi lavora e vive in Puglia e sono sempre contento di vederla crescere di anno in anno, spero un giorno di poter fare qualcosa anch’io per la mia terra.

I vini pugliesi che meglio si distinguono a livello qualitativo quali sono?

Il Primitivo di Manduria resta sempre il vitigno principe che rappresenta la nostra regione, ciò che mi stupisce in positivo è che, nonostante il cambiamento climatico, i vini prodotti sono sempre più eleganti, di grande equilibrio e molto piacevoli nella bevuta, per questo va dato merito a tutti i produttori perché sono riusciti a renderli tali senza modificare o alterare la natura dei vitigni. Altri vini pugliesi che si distinguono per me sono la Verdeca, il Nero di Troia e il Susumaniello.

Cosa ti manca della Puglia?

Sicuramente la famiglia, la campagna, l’aria pugliese, si perché la Puglia ha un’aria magica non si può spiegare, devi respirarla per capire e il profumo del mare. Ricordo sempre una citazione che lessi tempo fa, non so chi l’abbia scritta ma diceva: “Ricordati che il mare ti sistema l’anima”. Per me non c’è cosa più vera.

 

Foto Credits: Andrea Straccini

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