Il grano arso, il sapore antico della tradizione pugliese

Il grano è sicuramente uno dei prodotti di punta della Puglia, soprattutto nella zona di Bari, Foggia e nella Bat. La maggior parte della coltivazione italiana avviene infatti qui e, accanto alle farine tradizionali, si produce anche quella meno conosciuta di grano arso.

È considerata dalla cultura popolare come una farina povera perché ricavata dagli scarti: nei tempi antichi i contadini dopo la mietitura tornavano nei campi e riuscivano a recuperare i chicchi di grano rimasti per terra bruciando le sterpaglie e macinandoli per poi ottenere questa farina dal colore molto scuro, appunto “arsa”, a causa dell’utilizzo del fuoco.

Il prezzo di una farina di questo tipo ottenuta con le tecniche tradizionali è più del doppio di quello di una farina di grano semplice. Le farine non “pure” che sono in commercio si distinguono perché non presentano il distintivo colore grigio/nero, quasi come il carbone. Si caratterizzano inoltre per un’elevata concentrazione di proteine e sali minerali e per essere prive di glutine.

Oggi alcune aziende (presenti soprattutto nella Capitanata e in Valle D’Itria) la producono ancora col metodo tradizionale: i chicchi di grano vengono messi insieme a della paglia in un calderone di metallo che viene poi incendiato. La parte esterna del chicco, quella che risulterà più nera perché bruciata, viene eliminata; studi recenti hanno infatti dimostrato che è potenzialmente cancerogena (nell’antichità questo passaggio non avveniva). Il cuore dei chicchi, quindi la parte restante, viene poi macinato.

La farina di grano arso può essere utilizzata per pasta, pane e focacce (ma anche, in misura minore, per dolci); il sapore è pungente e si percepisce un sentore di affumicato, nonché dei minuscoli grani che ricordano il carbone. Si possono realizzare tutti i tipi di pasta, purché la si mischi con altre farine: la ricetta del Pastificio Taurino (storico indirizzo a Lecce) è 90% farina di grano arso e 10% farina Senatore Cappelli, con un risultato tanto suggestivo a livello visivo quanto soddisfacente e deciso al palato.

Per una ricetta tradizionale preparate le orecchiette con le cime di rapa e abbinateci il rosso primitivo “L’Archetipo”, un vino potente e fresco allo stesso tempo, che con questo piatto sublima il palato. Se preferite un gusto più delicato conditele con burrata delle Murge, oppure stracciatella, o il classico cacioricotta. O ancora, per una versione gourmet, un crudité di pomodorini gialli, pinoli e pesto di rucola, come suggerisce Luzian Palmieri, resident chef di Villa Vergine, nel cuore del Salento. Ottima la resa per tortelloni o agnolotti con ripieni delicatissimi, come ad esempio primo sale e basilico oppure burrata, da condire con pomodori secchi e pinoli e da abbinare con il bianco “Luna” di Conti Zecca, sapido e profumato.

Credits foto: Maria Vittoria Dell’Anna

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