La strada è lunga e regala durante il viaggio un susseguirsi di colori e un alternarsi di paesaggi, il dorato delle distese di grano, il verde degli ulivi, dalle forme irregolari, e i lunghi filari di vigneti così vicini che sembrano quasi accarezzarsi ad ogni soffio di vento. È lo scenario che prelude a una visione poetica di una cittadina dal fascino senza tempo, che riesce a togliere il fiato, proiettando la mente in una realtà onirica: Alberobello. In un dedalo di stradine lastricate di pietra bianca si affacciano uno accanto all’altro i trulli, una visione che riesce a rendere il passato un tempo così presente.
Tra queste strade si trova Albea, la cantina Museo di Alberobello, nata nei primi anni del Novecento è una delle realtà più storiche della Puglia. Custodisce al proprio interno un museo che rende vive le tradizioni agricole ed enoiche della storia contadina. Claudio Sisto dal 2003 è l’enologo dell’azienda, in questi sedici anni ha vissuto lo sviluppo produttivo, apprezzando il crescente interesse nato verso la sua Puglia e i suoi vini. Dal 2008 segue costantemente il progetto denominato “Albea Land” incentrato su un nuovo concetto di rispetto ambientale, che punta alla certificazione biologica attraverso un attento piano di tutela del vigneto e dei vitigni storici, avvalendosi della consulenza dell’enologo Mourad Ouada.
Cosa Vi ha spinto a convertire parte della produzione nel biologico?
Alla base c’è la volontà di lavorare in modo ecosostenibile, rispettando il nostro fragile territorio attraverso la realizzazione di impianti fotovoltaici per il reperimento d’energia, supportare i nostri conferitori d’uva, tutelando le lavorazioni tradizionali dei vigneti autoctoni. Il progetto Albea Land vuole salvaguardare i vigneti storici, ci sono alcuni che superano gli ottanta anni, certamente meno produttivi ma che meglio si prestano al raggiungimento di una tutela ambientale grazie alle tecniche di lavorazione tradizionale meno impattanti sul territorio come la raccolta manuale e il non utilizzo di strumenti meccanizzati.
Il Biologico per voi cosa rappresenta?
Sono sincero: il biologico rappresenta per noi anche una possibilità di crescita del fatturato, nel 2022 saranno vendute nel mondo un miliardo di bottiglie “green” soprattutto in America, vogliamo ampliare la nostra presenza in questo mercato. Ma resto fermamente convinto che la certificazione biologica deve essere accompagnata da una filosofia etica, che è alla nostra base. La Valle D’Itria deve continuare a preservare la propria bellezza territoriale, vigneti non intensivi e salvaguardare i nostri alberelli, spero presto diventino patrimonio dell’Unesco.
In termini quantitativi quanto destinate della vostra produzione al biologico?
Il 50% della nostra produzione, circa centottantamila bottiglie, sarà destinata al biologico già dalla prossima vendemmia, sotto il nome della linea denominata Due Trulli nelle seguenti tipologie: Verdeca, Susumaniello vinificato in rosato, Negroamaro, Primitivo di Gioia del Colle e Nero di Troia. L’obiettivo sarà quello di raggiungere il 100% in termini produttivi. Ad oggi i trentacinque ettari, dei sessanta totali, sono in biologico mentre i restanti venti ettari sono in conversione.
Per la cantina Albea la conversione dei terreni in biologico rappresenta una scelta consapevole dettata dalla volontà cosciente di rispetto dell’ambiente circostante e della possibilità concreta di sviluppo dei propri fatturati. «La certificazione biologica da sola non basta, il nostro concetto di biologico è legato a un progetto di visione e condivisione più ampio, che punta a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei nostri contadini, tutelando il nostro prezioso territorio per tramandarlo alle generazioni successive», queste le parole di Claudio Sisto.